LA CONCEZIONE DELLA COSCIENZA
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La conoscenza è nel pensiero un momento di qualcosa di più generale e comprensivo che non ammetta la natura logica d'un rapporto : è 1' espressione d' una uniformità di tendenza che solo può far manifesta la natura d'una funzione o d'una legge. Il pensiero, sottinteso come possibilità di quella unità d'azione, è tutta la conoscenza, ossia la coscienza.
Per impiegare un'immagine suggestiva di cui si serve
10 stesso James, ci possiamo raffigurare la realtà costituita a guisa dei colori che si adoperano nella pittura. Ma la coscienza non è affatto rappresentata dall'olio o dalla colla che trattengono in sospensione le materie coloranti, essa è piuttosto il « colore », che risulta non dal semplice impasto di quelle materie coloranti con olio o altro che si voglia, ma da una reale combinazione chi?nica di quelli elementi, processo pel quale il prodotto è qualche cosa di più dei termini che contiene. L' esempio non calza forse perfettamente. Si può dire meglio che la coscienza somiglia a ciò che è il tono in musica, che risulta da un rapporto di suoni (intervallo),
11 quale è pura creazione della mente e non è dato in natura ; e meglio ancora, la luce in ottica. E stata certamente un'incresciosa necessità per le scienze fìsiche di dover confessare che la luce non è una proprietà dei corpi, e tanto meno il prodotto del movimento vibratorio dell'etere. In realtà è l'eccitazione del nervo ottico che produce in noi la sensazione luminosa. Ma chi non vede che sotto questa ambiguità di linguaggio si vuol designare l'attitudine specifica dell'occhio a illuminare gli oggetti esterni oscuri?
« Wàre nicht das auge sonnenhaft,
Wie kònnten wir das Licht erblicken ? »
dirà il divino Goethe. (1)
(1) Platone il Divino non aveva già chiamato la vista « il più soliforme degli strumenti della sensazione » ? Rep. lib. VI, 508. Più oltre aggiunge : « la scienza e la verità come ivi la luce e la vista è bene di stimarle soliformi 1.