Stai consultando: 'Leonardo Rivista d'idee', Anno 1906

   

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Leonardo
Rivista d'idee

1906, pagine 390

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a cura di Federico Adamoli

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   LA CONCEZIONE DELLA COSCIENZA 131
   stino, inaugurata da Cartesio e instaurata ab imis da Kant, è una delle maggior glorie del pensiero moderno (1), ma inquinata troppo spesso di metafìsica, vien confusa con questa dalle scienze particolari, prendendone pretesto per non farvi attenzione e sbizzarrirsi a loro agio senza freno, con la licenza di un'imaginazione prodigiosa.
   Ma la teoria della conoscenza è la vera scienza dei fatti, senza la quale è assurdo parlare di verità assolute o relative, di certezza razionale o sentimentale. Chiunque abbia in animo di fare opera di scienza e di vita, occorre discenda dalle sommità dell'intuizione alle profondità della riflessione, nella quale il pensiero pone sè stesso e discopre il rapporto essenziale che lo unisce alle cose, conferendo loro apparenza di realtà.
   W. James crede di potersi alleare con molta sicurezza all' ideismo Berkeleiano, pel quale l'esistenza di un mondo di corpi materiali è cosa affatto sprovvista di senso, impensabile ; ciò che esiste e ciò che forma veramente tutto il mondo della nostra esperienza sono le nostre stesse sensazioni (idee), le quali non inferiscono nulla sulla natura degli oggetti, ma sono semplici segni che ci servono per guidarci adeguatamente in tutti gli affari della vita. Quest'acuta os.servazione, già schizzata dal Locke, è, come principio, un'acquisto ormai definitivo per la scienza degna di questo nome. Nullostante l'idealismo empirico di Berkeley è ben lungi dal presentarci una teoria ordinata e organica nella quale le conclusioni servano di complemento necessario alle premesse, la di cui validità venga ad assumere in cotal guisa una certezza incontrastabile. Tutto procede ottimamente sin tanto ch'egli si limita all' analisi della percezione (in A New Theory of vision), le cose cambiano d'aspetto allorquando per esplicarne la sua possibilità ricorre al-
   (1) Non accenniamo agli antichi, che veramente non si posero il problema in termini precisi, benché si possa trovare in Platone qualcosa d'assai esplicito, massime in un luogo della Repubblica, libro V, verso il fine.