per un'analisi pragmatistica ecc.
log
mandare per qual motivo, o in vista di che cosa, i tali o tali altri oggetti sono chiamati con un dato nome.
Un terzo gruppo di espressioni infine, di cui Platone si serve allo stesso scopo, è costituito dalle frasi nelle quali si domanda in che cosa somigliano o che cosa hanno di comune gli oggetti ai quali un dato nome si applica, e in che cosa essi differiscono da quelli ai quali esso non si applica
Che anche colle espressioni di quest'ultima specie Platone non intenda domandare niente di più o di diverso di quanto egli domanda con quelle dei due precedenti tipi, resulta ben chiaro dalle risposte di cui egli anche per queste ultime domande si contenta, risposte che consistono sempre nell'enunciare una definizione del termine in questione.
Per distinguere le classi o i nomi designanti oggetti, che si somigliano in qualche cosa, da quelli invece che corrispondono a semplici aggruppamenti di individui non aventi altro in comune che il fatto di essere abitualmente compresi sotto una stessa designazione, Platone fa uso, specialmente nei dialoghi ritenuti posteriori, di una speciale nomenclatura tecnica, consistente nel dire che, nel primo caso, la classe in questione corrisponde a una divisione per specie o secondo idee, (*='' nel secondo invece corrisponde solo a una divisione in parti (*atà népij).
Sarebbe difficile esprimere il rapporto che sussiste tra 1' uno e l'altro di questi due casi in modo più chiaro di quello adoperato da Platone stesso in quel passo del Politico 262B in cui egli afferma che ogni divisione per specie è anche una divisione in parti ma non viceversa.
A questo impiego della parola eìSo? è strettamente connesso il significato che Platone attribuisce ad essa quando chiama di un dato nome o di una data classe l'insieme dei caratteri che la definiscono, in contrapposto all' insieme degli oggetti che ne fanno parte. (Si veda, per esempio, Eutifrone 6 D).
La coincidenza tra il significato che viene così ad