per un'analisi pragmatistica ecc. log
anche alla sua correlativa di « specie », è ora applicata indifferentemente in ogni caso in cui si tratti di indicare la subordinazione di una classe ad un'altra; essa non serve più affatto a distinguere se tale subordinazione dipenda dal fatto che i caratteri che definiscono la classe superiore si trovino fra quelli che definiscono l'altra, oppure invece dal fatto che i caratteri che definiscono la prima classe, pur essendo affatto distinti da quelli che definiscono la seconda, si riscontrano costantemente anche negli oggetti che appartengono a quest'ultima.
Anche la distinzione tra « proprio » (*!»v) e « accidente » (TJiJtpspijxó?) ha cessato di poter essere espressa in linguaggio moderno colle parole corrispondenti a quelle introdotte da Aristotele. Per « proprietà » di un dato gruppo di oggetti s' intende ora indifferentemente qualsiasi qualità che essi tutti possiedano, senza alcun riguardo al fatto che :ale proprietà sia o no posseduta anche da altri oggetti non appartenenti al gruppo in questione; D'altra parte la parola « proprio » continua ad avere un senso conforme a quello aristotelico nelle frasi come : « E proprio degli sciocchi il meravigliarsi fuori di proposito ». — « Le rire est le pro-pre de l'homme » etc.
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Se l'esempio di cui ci siamo sin ora occupati serve a mettere in luce la tendenza che hanno i termini tecnici della filosofia a perdere il senso attribuito ad essi da chi li introdusse, rendendo' necessaria, ai successivi filosofi che si occuparono delle stesse questioni, la introduzione di sempre nuove designazioni per esprimere gli stessi fatti e le stesse distinzioni, l'altro esempio particolare, al quale ora passeremo, è adatto invece a mostrare come, anche nell'opera di uno stesso filosofo, occorra por mente a non scambiare per mutamenti di opinione, o per l'adozione di nuove vedute, ciò che è