ioo
leonardo
che da tale violazione può derivare (perchè il credente sa che può anche procurargli l'eterna dannazione); il piacere di lottare, anzi di violare le volontà e le leggi di un essere di sovrumana potenza, Dio. Ogni nostra azione assume quindi un grado di acutezze, di straordinaria complessità, che altrimenti non potrebbe ottenere. Il possedere la donna altrui per me oggi non è altro se non il possedere la donna, perchè il comandamento divino è perfettamente obliato: domani per noi, credenti, l'avere un'amante che è sposa ad altro uomo assume gravità eccezionale.
Da ciò una fonte non trascurabile di emozioni profonde. E che altro noi, in fondo, chiediamo ?
Un fatto quindi di grande banalità, quale è quello che ho citato, per il solo atto di possedere una fede diventa fattore importantissimo della nostra vita psichica.
Si potrebbe, sviluppando tale idea, giungere alla considerazione della necessità di crearsi dei modi di peccare — e questo perchè perdendo il senso del male, noi perdiamo quindi anche contemporaneamente il senso del bene, e allo scopo di tenere in noi vivo, di stimolare, di eccitare il valore vitale di tale legge. Senza una fede noi non possiamo avere alcun godimento neppure nel fare il bene: ogni azione quindi, che non abbia un riflesso interessato materialmente, per noi .entra in uno stato di indifferenza. La necessità quindi si fa sempre più evidente di stabilire entro noi una legge di male e di bene che ci potrà dare il piacere di seguirla e, come sopra ho osservato, il piacere di violarla ; legge non etica chè sarebbe sottoposta alla nostra critica quotidiana, e perciò mutabile, ma trascendente, invece, al di sopra e al di fuori della nostra volontà di mutarla. Potremo quindi fissare una nostra linea di condotta allo scopo di renderci conto del bene e del male, come un eremita che lungamente vivendo nella meditazione, nell'astinenza, nell' estasi e nella contemplazione, perde la misura di tali concetti ed ha bisogno di tempo in tempo di uscire dall'eremo suo, di scendere dalla co-