come utilizzare il cattolicismo
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abbiamo fatto, una riduzione a maggior volgarità del concetto religioso di peccato. Il vantaggio od il danno materiali hanno una ben minima influenza sul nostro io intimo e profondo : sì che molti uomini vi sono che tali concetti trascurano e non hanno nella loro vita alcuna ricerca di benessere. Ben diverso invece è il concetto di peccato, quale proviene dalla coscienza religiosa.
Esaminiamolo sotto diversi aspetti.
Per noi oggi il commettere il male od il fare bene è divenuto un'azione quasi indifferente anzi lo è completamente, come ho detto, quando tale male o tale bene non assumono una conseguenza pratica. Il valore degli imperativi etici si è mostrato, in pratica, senza forza sulla nostra coscienza. Abbiamo quindi resa deserta una vastissima plaga della nostra anima su cui, in antico, fioriva lussureggiante la flora che si chiamava dubbio d'anima, angoscia del male, paura del castigo divino, ansia di salvezza : flora che era fruttifera di meravigliosi raccolti, che possiamo chiamare acuità delle sensazioni. Tale distruzione è derivata in noi dal semplicissimo fatto d'aver ucciso il concetto di peccato in senso religioso. Ogni nostro sforzo doveva essere quindi quello di ridargli vita ed in nessun modo lo potremo meglio se non colla religione cattolica la quale, fra le confessioni innumerevoli che professano i popoli della terra, è quella che tale concetto ha portato al massimo grado di sviluppo e di perfezione : è nozione questa abbastanza semplice e conosciuta che non richiede quindi alcuna dilucidazione.
Che avremo riguadagnato noi riacquistando il senso del peccato ?
Prima di ogni altra la possibilità di commettere dei peccati, che in avanti ci era negata. E ciò non è certo lieve affare. Il commettere evidentemente un peccato sapendone la gravità vuol dire in ultima analisi mettere la nostra anima in uno stato di eccezionale tensione di cui parti non trascurabili sono il piacere di violare una legge che si era riconosciuta perfetta, giusta, divina ; il pericolo