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La Religione esposta in lezioni pratiche per le scuole
Volume I - La Fede
Can. Giulio Bonatto
Casa Editrice Marietti, 1932, pagine 160

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 142 —
   S. Agostino (354-430), De Oivitate Dei, 1. 22, c. 20, 21.
   Lontano da noi il pensiero elio l'onnipotenza del Creatore sia inabile, per risuscitare i corpi, a richiamare tutto ciò che le bestie o il fuoco hanno divorato, tutto ciò che ò andato in cenere, si è sciolto in acqua o si è dissipato in vapore. Lontano da noi il pensiero che qualche cosa possa trovare, uel seno della natura o nei suoi segreti, un ritiro così nascosto da sfuggire alla conoscenza del Creatore di tutte le cose, o da sottrarsi alla sua potenza. Cicerone, volendo dare, per quanto era in suo potere, una definizione di Dio, il grande Autore di ogni cosa, disse: «È uno spirito indipendente e libero, distaccato da ogni mescolanza peritura, che conosce e smuove tutto, e dotato d'un movimento eterno ». È presso i grandi filosofi ch'egli ha attinto questa definizione. Così, per parlare secondo loro, vi è qualche cosa che possa restar nascosta a Colui che conosce tutto, e che possa sfuggire all'azione di Colui che muove tutto?...
   Ciò che è perito dei corpi durante la vita, o dei cadaveri dopo la morte, sarà dunque restituito ad essi, mentre quel che è rimasto nella tomba risusciterà rivestito d'incorruttibilità e d'immortalità, e lascerà la sua antica natura di corpo animale per prendere la natura novella d'un corpo spirituale.
   Ma, quand'anche avvenisse per qualche caso, o pel fatto di nemici crudeli, che il corpo intero fosse ridotto in polvere e disperso nelle acque o nell'aria, per quanto è possibile, e non ne restasse più vestigio in alcun luogo, non sarà punto, per questo, sottratto all'onnipotenza del Creatore, e non si perderà un sol capello del suo capo. La carne spirituale sarà dunque sottomessa allo spirito, senza tuttavia lasciar di essere carne, non spirito.
   26.
   La vita eterna.
   S. Giovanni Crisostomo (344-407), De futurae vìtae deliciis.
   Iddio ci diede due sorta di vite: l'una attuale e visibile, l'altra futura e invisibile; l'una soggetta ai bisogni di un corpo e all'impressione dei sensi, l'altra libera di quella doppia catena; l'una della quale godiamo ora, l'altra riserbata alla fede; l'una che è nelle nostre mani, l'altra che è solo nella speranza ; l'una è l'arringo, l'altra il premio; alla prima assegnò lo prove.