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La Religione esposta in lezioni pratiche per le scuole
Volume I - La Fede
Can. Giulio Bonatto
Casa Editrice Marietti, 1932, pagine 160

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Yi è però una differenza sostanziale tra il purgatorio e l'inferno. Nell'inferno c'è disperazione, e si odia e si bestemmia Dio: nel purgatorio c'è speranza, amore, preghiera, pace. S. Caterina da Genova dice: « Io credo che in nessun luogo eccetto che nel Cielo lo spirito possa trovarsi in una pace simile a quella delle anime del purgatorio » (1).
   Noi possiamo aiutare le anime del purgatorio. C'è tra noi e loro un legame di solidarietà e di carità. Ciascuno può dire: Signore, ciò che potrei meritare compiendo e soffrendo per amor tuo questa e quest'altra cosa vada invece a sollievo della tale anima o anche di tutte le anime del purgatorio. Tutte le buone opere, la Messa, la Comunione, la preghiera, la elemosina, servono a questo scopo, ma specialmente possiamo aiutare quelle anime colle indulgenze (lettura 28).
   LE INDULGENZE
   L'indulgenza è una remissione di pena temporale dovuta ai peccati già perdonati, che la Chiesa concede fuori del Sacramento della Penitenza.
   Non è dunque remissione di colpa e neppure di pena eterna. La colpa e la pena eterna vengono rimesse per mezzo dell'assoluzione nel Sacramento della Penitenza, o, fuori del Sacramento, colla contrizione perfetta, come vedremo (voi. Ili, p. 72). Ma, rimesso il peccato, può restare una pena temporale da espiare nel purgatorio o in questo mondo: come appare dagli esempi di Adamo, Mosè, Davide, che, perdonati da Dio, furono nondimeno gravemente castigati. La Chiesa rimette, in tutto o in parte, questa pena temporale con le indulgenze.
   La Chiesa ha sempre esercitato questo potere di rimettere con le indulgenze la pena temporale dovuta ai peccati, in forza della parola di Gesù : « Tutto ciò che rimetterete sulla terra sarà rimesso in cielo » (Mt. 18, 18).
   Anticamente, quando era in vigore la penitenza pubblica, la Chiesa imponeva determinate pene per i peccati, le quali duravano 50, 100, 500 giorni, 1 anno, 7 anni e 7 quarantene, e simili, secondo la
   (1) «... lo dolce assenzio dei martiri » Dante, Purg. XXIII, 86.