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l'arie Quinta — Italia Insulare
nome, che significa forata o bucata, per essere attraversata nella sua larghezza da est a ovest da una grande apertura. Presso al varco dalla parte est e dentro la caverna rinviensi acqua dolce.
A tre miglia poi da capo Caccia altra isoletta detta Piana, che non è altro se non un pezzo di monte staccatosi dalla costa, da cui resta diviso da un canaletto curvo, che è visibile solo a chi lo varca. Fu detta Piana dalla superficie spianata; si alza poco dal livello dell'acqua; è dirupata nelle coste e può aver la circonferenza di un miglio. Non vi crescono che pochi arbusti, e a' suoi due lati, schiudonsi due seni, ove si può gittar l'ancora co' venti terrestri. Si trova poi il capo della (Jessiera e successivamente la spiaggia di Portici-noto e la piccola cala di Bantine-Sule, ove termina il litorale algherese.
Grotta di Capo Caccia. — La grotta delle stalattiti di capo Caccia fu visitata da Carlo Alberto nel 18213, allora principe di Carignano, e poi di nuovo nel 1841 e nel 1813 allorché divenne re di Sardegna, visite ricordate da due iscrizioni; la Grotta dell'Alture, nel Porto Conte, venne visitata nel 1835 dal La Marniera in compagnia del cav. Ludovico Sauli e del padre Vittorio Angius, che vi cercarono indarno gli avanzi degli antichi giganteschi animali, che vi abitavano.
La prima, detta Grotta di Nettuno, supera in bellezza le altre tutte della Sardegna. Essa dista dodici miglia da Alghero e s'apre verso ponente. Accessibile dalla sola parte del mare e nella sola stagione estiva, a causa dei marosi del golfo, che ne impediscono l'ingresso nelle altre stagioni; è d'uopo riunirsi in molti per godere tale incanto e ciò a causa dell'ingente spesa, che apporta una gita in essa, occorrendo circa 2000 candele o fari per poter illuminare quello spazioso e pittoresco anlio marino. 11 mese di luglio è l'epoca migliore per visitarla e bisogna attendere, che il mare presenti la maggior sicurezza. La carovana d'ordinario parte alla mezzanotte dal porto d'Alghero, ove s'imbarca su d'una goletta, per giungere all'alba all'ingresso della grotta, che si presenta imponente e maestosa colla sua immensa rupe, che par voglia rovesciarsi addosso al battello. Colà giunta si sbarcano i visitatori e le provviste — che si portano in gran copia per il caso, non di rado capitato, che l'ingrossarsi repentino del mare, ne impedisca l'uscita — in una specie di vestibolo, il quale era ornato da splendide concrezioni calcaree, strappate ed esportate da ufficiali di marina, e alcune delle quali in oggi decorano le grotte artificiali della villa Pegli di Genova. Indi un piccolo schifo, guidato da un marinaio e sul quale non possono stare che due sole persone, traghetta gl'individui all'opposta riva d'un laghetto largo circa 100 metri, posto dentro la grotta. Tale operazione richiede parecchie ore a seconda del numero delle persone. Intanto però gli altri marinai dispongono le candele nei posti a loro ben noti e dai quali la luce, oltre ad illuminare completamente l'intiero ambiente, fa spiccare tutto l'incantevole ed il meraviglioso, che quel luogo fatato presenta all'occhio sorpreso del visitatore.
Attraversato il lago, sette colossali colonne alabastrine, che ne sfiorano le pacifiche acque, sorgono per annodarsi superiormente in una specie di cornice, formando così un grandioso proscenio di questa sorprendente scena e nello sfondo le stalagmiti e le stalattiti, con una ricchezza di volute, di arabeschi, di ghirigori, con un bizzarro incrociamento, con un raggrupparsi in mille diverse forme, presentano la più ardita scena, che ingegno d'artista possa concepire. I raggi delle candele, battendo su