l'arte Quinta — Italia Insulare
Torres al grado di municipio romano, < Filippo restauro il tempio della Fortuna. In quel lenipo un certo Bmrbnmt governatore, riedificò un palazzo, di cui rimangono IUtlora le immense rovine, che prendono appunto il nome di Rovine del palazzo del re Barbaro.
Nel 420 e fino al 48(1 l'idolatria era tuttora vigente in questa città. Infatti in quel periodo di tempo e mentre la Sardegna era in potere dei Vandali, i pastori della Frasca trasporlarono qui la statua di Sardopadre,, che era assai venerato, e che poscia fu dagli isolani mandata nel tempio di Apollo in Delfo, secondo quanto scrive Pausai)ia.
Nel 087 Torres ebbe a giudice Inerio, fratello di Gialeto. A lui successe Mariano I e a questi Pietro, il quale, nel 778, prese parte alla cacciala dei Saraceni. Da un antico manoscritto risulta che in tale anno i giudici di Torres risiedevano in Ardara, come si legge in una iscrizione scritta in caratteri longobardi e del seguente tenore: Purrim de linio (legna) quae — accensa, sai benientes — Turritani cura Indice /'. (Pietro) — (de) Ardara et fugarmit - ad naves.
I regni di Barisene II nel 1104 e di Costantino II nel 118G furono turbati da guerre continue con gli altri Giudici e con le repubbliche di Pisa e di Genova.
Nel 120o regnava Gomita HI. a cui successe il figlio Mariano 111, il quale concesse la sua figlia Adelasia in isposa ad Ubaldo, signore di Gallura. A Mariano III successe, nel 1233, Barisene 111 suo figlio, il quale, tre anni dopo, fu trucidato dal proprio tutore Arnoldo o lìenoldo, consigliato dal di lui cognato Ubaldo. Questi, con la sua moglie Adelasia, subentrarono nel possesso del trono di Torres. Ma un anno dopo Ubaldo moriva, e Adelasia, per le insistenze dell'imperatore Federico II, ne sposava il figlio naturale Enzo, che era da questi proclamato re di Sardegna. Enzo non tardò a dimostrare ad Adelasia come l'interesse solo l'avesse spinto a sposarla e la confinò in un castello del Goceano, in cui essa poco dopo moriva. Ben presto egli pagò il (io della sua scelleraggine, poiché, nel 1249 fatto prigioniero dai Bolognesi, non potè più ricuperare la libertà e morì dopo 23 anni di carcere in fondo ad una torre, tuttora esistente. Durante la sua lontananza dall'isola, governò Torres il suo rappresentante Michele Zanelle, di cui Dante, come vedemmo, s'occupò nel canto xxu dell' Inferno, e, alla sua morte, questi prese il nome di Giudice, spegnendosi con lui, nel 1272, l'antico giudicato.
Con la morte di Zanche, i Doria ed i Malaspina rimasero padroni di gran parte di Torres — il resto appartenne agli Spinola ed ai marchesi di Massa, e per un piccolo tratto alla città di Pisa.
L'importanza che aveva nei tempi antichi la città di Tibula (vedi Castel Sardo), alla quale mettevano capo le due grandi vie litoranee e la centrale, decadde dopo la fondazione della colonia torritana e passò tutta in questa, a tale che il termine della strada centrale non diceasi più Tibula ma Torre, come rilevasi da alcuni monumenti e particolarmente dalla pietra miliare rinvenuta a Fordongianus quando, sotto la direzione del marchese Boyl, fu restaurata l'antica strada centrale della Sardegna, regnando Carlo Felice.
L'istoria di Torres termina verso la metà del secolo XV, quando, abbandonata nel 1438 dai suoi scarsi abitanti, Io fu pur anche da ultimo, dall'arcivescovo e dal Capitolo, che trasferì ronsi a Sassari, ov'erano già emigrati quasi tutti i cittadini. Papa Eugenio IV confermò con sua bolla del 1441 la traslazione della sede vescovile.
Porto Torres fu dipendenza di Sassari sino al 1842, nel qual anno fu provvidamente separato e costituito ,n municipio con R. Patenti degli 11 giugno.
Uomini illustri. — Fu patria di Canetto Pietro, arcivescovo di Torres, del secolo XII, chiaro per molti fatti compiti durante il suo arcivescovado; di Giusta, illustre principessa, che regnò in Torres col marito Mariano I, dal 1073 al 1112;