2.r>f>
Parte Quinta — Italia Insulare
Durò il dominio aragonese: fino a questo ultimo arino, irt cui, con Ferdinando il Cullolim, subentrò il governo spaglinolo. Carlo V, a questi succeduto, si servi dei Sassaresi per le sue imprese, poco curandosi dei loro bisogni. Nel 1527, la lega san/a, formulasi a danno di quel re, decise di impadronirsi dell'isola di Sardegna, e lienzo Orsino di Ceri e Andrea Doria, capo della spedizione, composta quasi tutta di Francesi, s'impossessarono di Sassari, la devastarono, e, dopo 27 giorni di esterminio, l'abbandonarono, imbarcandosi a Porto Torres, (ili Spaglinoli tosto vi rientrano e per non parer dissimili ai Francesi, mettono a ruba e a fuoco, quello ch'era stato da questi risparmiato.
Nel 1528 vi scoppiò la peste, in cui secondo il Fara vi morirono 10,000 Sassaresi. Altra peste scoppiò pure nel 15S0, la quale diede luogo ad un voto per una festa, che ancora si celebra nel 14 agosto e detta dei Cantld'wi. di cui ci occupammo per la sua originalità, ed altra nel 1052, nel quale anno, secondo il Toja, i morti furono 22,(XX) e i rimasti vivi 5057.
Nel 1708 l'Austria riusci ad impadronirsi dell'isola, che tenne per nove anni, cioè lino al 1717. Nel qual anno vi rientrò la dominazione spagnuola, a cui finalmente, dopo tre anni di mal governo, nel 1720, successe la Casa di Savoia.
Una terribile carestia sopravvenuta nel 1780 in tutta la Sardegna, a riparare la quale il re Vittorio Amedeo 111 fece mandare dal Piemonte 4000 sacchi di frumento, sopportando la maggior parte delle spese, e decretando lire 200,000 in sovvenzione al tesoro sardo, fece scoppiare una sommossa a Sassari, a causa del governatore marchese All'i di Maccarani, avaro e ingordo.
Fa rivoluzione francese produsse dei torbidi anche in Sardegna, in cui il vassallaggio era odiato, come quello che pesava assai sul ceto agricolo, ridotto alla tri.-te condizione delle bestie da soma. L'invasione francese del 1703 nell'isola avrebbe trovato il terreno pronto a seminarvi le nuove idee di libertà, ove i Sardi non fossati stati troppo attaccati alla Casa Sabauda. -Ma l'impudenza del viceré Balbiano, che volle farsi merito della ripulsa dei Francesi, dovuta al solo valore dei Sardi, inasprì questi e promosse la famosa cacciata dei Piemontesi dall'isola nell'anno 1704.
Nel 1795, Sassari, centro della reazione dei baroni, contro le nuove idee, che mano mano si facevano strada nel cervello della popolazione sarda, fu occupata dai sollevati del contado, condotti dall'avvocato Mundtlla e dal notaio Cilocco, che si proclamarono commissari del viceré. 1 baroni fuggirono di notte tempo, per paura d'essere ammazzati o taglieggiati e il duca dell'Asinara, che non fece a tempo a salvarsi con la fuga, si riparò in casa di certo Cosso, notaio, e poscia nell'isola, dal cui nome egli prendeva il titolo nobiliare.
Gli Stanienti procuravano intanto di calmare l'irritazione dei Sassaresi, la quale aumentava al contrario sempre più e sfogavasi con arresti sulle persone più cospicue del paese, fra cui il governatore Sanluccio e l'arcivescovo della Torre, i quali s'erano sempre mostrati propensi ai feudatarii. Vittorio Amedeo, a tale annunzio per paura della rivolta, o perchè riconoscesse giusta la collera dei Sassaresi, mando loro a dire che il governatore di Sassari era stato colpevole di leggerezza e ordinava la sospensione di qualunque ordine del viceré e per ultimo ringraziava la città della devozione e del l'attaccameli lo alla sua persona.
Il movimento insurrezionale era guidato da Gio. Maria Angioi, di Bono, giudice della reale udienza, uomo di grand'ingegno e dottrina, che a Cagliari già col Pilzolo, miseramente assassinato dal furore popolare, e poi col Cabras e col Pintor, teneva accesa la fiaccola della rivolta. Questi ultimi si voltarono contro all'Angioli allorché le promesse del Melano, arcivescovo di Cagliari, li attirarono al partito della Corte, e per allontanarlo dalla città lo inviarono a Sassari quale alternos del viceré, perchè vi domasse la reazione. L'Angioi, che temeva d'un tranello, non volle prima accettare,