Mandamenti e Comuni del Circondario di Oristano
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La parrocchiale di San Pietro è di recente costruzione, come quella, che fu incominciata nel 1821, su disegno di Raffaele Cappai di Cagliari. Quando si diede mano a costruirla fu distrutta l'antica del medesimo nome, la quale era già stata sede di vescovo, che intitolavasi, dal luogo di sua residenza, vescovo di Terraiba. In un'antichità più remota codesto vescovo risiedeva a Neapoìis (di cui abbiamo già trattato), dopo la cui distruzione pei Saraceni passò a Terralba. Per bolla di Giulio II del-l'K dicembre 1503, la diocesi di Terralba fu poi unita a quella di Usellus. Le chiese minori sono due: una di San Ciriaco e l'altra di San Lucifero, a quattro minuti dall'abitato. Qui presso sorgeva la città di Osea, ricordata nelle pergamene di Arborea e assai cara a Sardo-Padre.
Frumento, orzo, fave, legumi, ortaglie, alberi da frutta, molti ulivi, ma sopratutto vigna, cura primaria degli abitanti. 11 vino riesce ottimo e la produzione così abbondante, che, oltre il consumo locale, se ne fa grande esportazione all'interno ed all'estero, principalmente a Genova e in Liguria. Col vino esportarci anche granaglie e legumi dal porto, detto Mar cedili.
Gli abitanti, che danno opera alla pesca negli stagni e nel mare, ritraggon molto guadagno dai pesci, che verrdono nelle vicine regioni m tutte le stagioni dell'anno. Le specie più comuni sono anguille, muggini, seppie, aragoste, ostriche e arselle rinomatissime, massime quelle pescate nello stagno di Marceddì, che, come le anguille salate di Terralba, sono le più stimate fra tutte. Infinita poi è la quantità di uccelli acquatici, massime nell'inverno, in tante acque stagnanti. Sulle sabbie della spiaggia nasce un tubero, detto dai Sardi tuvura de arena (tubero di sabbia), che rassomiglia al tartufo, senza però averne nè il profumo! nò il sapore. Sono però gustosi cucinati come le patate ; la polpa è spugnosa e di colore rossastro e si colgono per mezzo di cani appositamente addestrati o con tridenti di lerro. Tale tubero producesi solo in queste spiaggie e in quelle d'Oristano, ed è apprezzatissirno in commercio.
Cenni storici. — Terralba, così detta dal colore bianchiccio della terra su cui è fabbricata, che e una specie di argilla bianca* pare sia d'origine antichissima: fn devastata più volte nelle invasioni e rimase per molti anni deserta. Prima del 1000 non si hanno notizie sicure e solo si conoscono le sciagure, ch'ebbe a sotti ire in tempi meno remoti. Una lapide rinvenuta accenna al primo vescovo certo Mariano, come Giovanni Orient ne fu l'ultimo. Questa lapide è del seguente tenore : Cam anni Domìni MCXXXIV currerent Maji die decima Epa Marianna ìiaec posuit Umilia.
Di questa medesima epoca è pure il castello, di cui ora rimangono le rovine, e che si innalzava sulla cima del monte Arcuentu. Il suo nome di castello Erculentu fa ritenere, che ivi presso sorgesse ab antiquo uri tempio dedicato ad Ercole. Nel 1104 questo castello fu, da Barisone d'Arborea, incoronato re a Pavia, ceduto ai Genovesi m isconto di debiti, assieme ad altre fortezze.
Terralba ed Arridano furono, nel 1527, assaliti improvvisamente ed invasi da una grossa masnada dì Barbareschi, i quali, dopo un orrendo saccheggio, posero tutto a ferro e a fuoco, traendo ili iseliiavitù gli infelici dei due sessi, die non avevano potuto mettersi in salvo con la fuga. Di ciò non paghi, porzione ili quei ladroni avvìossi ad Uras, che fu distrutta, dopo di essere stata messa a sacco.
Nel 1580, quando G. F. Fara, vescovo di Bosa, scriveva la sua corografìa De Rebus Sardois, Terralba era un cumulo di rovine sotto una gran macchia di rovi, di lentischi e di mirti. Nel 1G40 era ancora distrutta, come si legge, e deserta sì che uopo è dire vi fossero chiamati nuovi abitatori dal barone d'Uras, nel cui feudo erano compresi Terralba e Arridano, e vi prosperarono sì fattamente, che nel 1698 già vi si contavano 217 famiglie.
Coli, elett. Oristano — Dioc. Ales — P2.