Stai consultando: 'La Patria. Geografia dell'Italia Sardegna. Corsica - Malta - I mari d'Italia', Gustavo Strafforello

   

Pagina (92/471)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (92/471)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




La Patria. Geografia dell'Italia
Sardegna. Corsica - Malta - I mari d'Italia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1895, pagine 463

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   92 l'arte Quinta — Italia Insulare
   ricoverato per alcun tempo il re Alfonso, sino alla costruzione della cittaduzza di Barcellorictta. Nei primi del secolo, questo chiostro aveva una tipografia, dir ila dal frale Matteo Contini, dalla quale uscirono molti volumi, clic contribuirono non poco, assieme a quella del convento di San Domenico, ai progresso dell'istruzione nell'isola.
   Appese alle cappello e sulla navata trovansi uria quantità di catene, funi, remi e barchette in legno d'ogni genere, nonché uua quantità considerevole di uova di struzzo. Sono tutti voti, i primi di marinai, scampati alle burrasche, essendo dessi assai divoti per questa Madonna, ed secondi sono offerte di schiavi sardi liberati, reduci dall'Africa, ove erano stali trascinati dai corsari barbareschi, che scorrazzavano le spiaggie dell'isola.
   Su questa chiesa corrono due leggende popolari, le quali sono degne di essere ricordate. La prima riflette il simulacro della Vergine detta del Miracolo, per uno operatone e che trovasi registrato negli annali dell'Ordine dei Merce ilari. Due soldati spaglinoli, dell'epoca di Alfonso, avevano deciso di giuocare alle carte in una delle grotte presso al santuario, lino ili essi volle prima portarsi in chiesa e appressatosi all'altare maggiore, in cui era il simulacro della Vergine, giurò di offrirle metà della vincita, ove egli riuscisse vincitore, o di darle una stoccata nel caso contrario. La sorte gli fu avversa ed egli lasciò al giuoco fin l'ultimo suo quattrino. Pazzo dalla rabbia, egli esce dalla grotta e di corsa s'avvia alla chiesa; v'entra e, salito su per i gradini dell'altare, tratta fuori dal fodero la daga, ne vibrò un colpo alla gola della statua della Vergine. Come se dessa avesse avuto vita, il sangue sprizzo dalla ferita e ne intinse il soldato, che, inorridito a tal vista, cadde morto al suolo. Il simulacro conserva ancora la cicatrice alla gola.
   La seconda leggenda riguarda la Vergine di Bonaria, l'attuale titolare della chiesa. Una nave colpita da un terribile naufragio, mentre veleggiava lungo le coste sud della Sardegna, gettò in mare parte del suo carico, fra cui una grossa e pesante cassa, la quale rimase, ad onta del suo peso, galleggiante sulle onde. Queste l'appressarono alla spiaggia, ove dessa si arenò ai piedi del colle. Osservata da alcuni, si tentò inutilmente di smuoverla. Forza alcuna non valse a tirarla a secco, finche soprnggiunti due frati merceilarii, se la caricarono sulle spalle senza alcun sforzo, in mezzo alla sorpresa di quanti erano ivi presenti. Aperta poscia la cassa alla presenza dell'arcivescovo D. Giovanni d'Aragona e dei consoli della città, vi si rinvenne il simulacro della Vergine, che tanto in venerazione è tenuta dal popolo cagliaritano.
   In questa chiesa è seppellito Alberto Azuni, il demagogo cagliaritano, morto il 24 gennaio 1827 ed in un sotterraneo vi si conservano i corpi della intera famiglia Picchinotti, dei conti di Villasor, in istato di mummie.
   3. San Bartolomeo. — Il borgo di San Bartolomeo è un aggregato d'una ventina di case, che s innalzano lungo tre lati d'uria vasta piazza rettangolare, alberata ed a sedili. Uno di questi lati è quasi per intiero occupato dal grandioso stabilimento del Bagno penale, che è la prima colonia penitenziaria, sì per importanza che per numero d'anni, impiantata nell'isola.
   Questo borgo è abitato da poco più di 2000 persone, compresi i galeotti, e dista appena tre chilometri da Cagliari, a cui è congiunta da un bellissimo viale di pini marittimi, che costeggia il litorale est della città. La Casa di pena fu terminata nel 1842 su progetto del cav. Barabbino. Può contenere 1300 condannati, i quali hanno ridotto quella collina soprastante e la zona della pianura adiacente un sito ubertoso, coltivandolo a cereali, vigneti, orti e giardini, con fattoria, aia, ovile e latteria. Oltre che nei lavori campagnuoli molti di quei reietti sono occupati nell'esca-vazione del sale, che, mediante barche da loro stessi condotte e per un canale che lascia penetrare un braccio di mare fin dentro la colonia, è da essi trasportato nei magazzini della città o a bordo delle numerose navi, che ne fanno carico.