86
l'arte Quinta — Italia Insulare
Nella divisione dell'Impero romano appartenne a quello d'Occidente < dopo Costantino, Incominciò a convertirsi al cristianesimo.
Nel 457, quando l'isola fu invasa dai Vandali di Genserico, anche Cagliari non isfuggS all'oppressione di quei barbari, i quali la tennero sotto il giogo sino al 534, nel qual anno fu occupata con la forza dell'armi dagli imperatori greci. Jl loro governo tirannico durò sino al 087, nel qual anno Cagliari insorse sotto il < ornando di un suo illustre ci (telino di nome Gittiolo. Tutta Pisola imitò l'esempio di Cagliari; il governo bizantino fu atterrato; Gialeto fu proclamato re di Sardegna e i suoi tre fratelli furono nominati giudici di Torres, Arborea e Gallura.
Nel secolo Vili Cagliari, con molte parli dell'isola, fu sottomessa dai Saraceni, che vi commisero orribili devastazioni, finché i Sardi, mal sofferenti del giogo, dio-clero di piglio alle armi, espulsero gl'infedeli e l'isola tornò libera col titolo di regno. Il quale cadde nel secolo X e il potere sovrano fu diviso nei quattro Giudici, o piccoli re, di Cagliari, Torres, Arborea e Gallura. Nel secolo XII Musatto, principe saraceno, sbarcò in Sardegna alla lesta di un esercito poderoso, occupò Cagliari e vi stabili la sede del suo governo barbarico. Gli isolani, capitanati dai Giudici ed aiuLalì dai Pisani e dai Genovesi, lo espulsero, ma egli tornò con nuove forze a ristabilire il suo dominio, finche, verso la metà del medesimo secolo, fu pienamente sconfìtto per terra e per mare dai Sardi Uniti ai Pisani ed ai Genovesi.
Liberati per tal guisa dalla tirannide saracena, i Sardi governaronsi liberamente sullo i propri1 Giudici, uno ilei quali risiedeva in Cagliari, capitale del Giudicato cagliaritano; ina venuti fra di loro alle mani agevolarono ai Pisani, verso la mela del secolo Xlll, la conquista di questo Giudicato, ove costruirono e fortificarono la rócca, che anche al presente si chiama Castello.
Poco appresso estingueva^ anche il Giudicalo dì Torres, venuto prima in mano del celebre Enzo, figliuolo spurio dell'imperatore Federico 11 e quindi di quel Michele Zanche, che Dante tuffò fra i barattieri e i truffatori nella 5a bolgia del canto xxii dell'jf«/B»o, là dove canta:
Usa con esso (Frate Gomita) donno Michel Zanche Di Logudoró! e a dir di Sardigna Le lingue lor non si sentono stanche.
Dopo la morte sua, le terre di quel Giudicalo, furono divise fra le potenti famiglie dei Doria e dei Malespina di Genova.
In quei medesimi anni spegne vasi anche il Giudicalo di Gallura, dopo ìi decreto del Comune di Pisa contro a quel Nino, di cui lo stesso Dante lasciò si teneri ricordi nell'vin canto del Purgatorio :
Ver ine si fece ed io ver lui mi fei : (iiudice Nin gentil quanto ini piacque, Quando ti vidi non esser tra i rei !
Onde fra quei Giudicali sopravvive il solo di Arborea, che favoreggiò in prima per lungo tempo e poi combattè la signoria aragonese.
Sotto i Giudici sardi e i pisani, Cagliari prese altra forma, occupava, vale a dire, la parte più nobile della città antica ed allargavasi oltre l'odierno borgo di Sant'Avendrace, verso Vangarlo, come attestano, oltre la tradizione, le pergamene e i codici scoperti di recente. I Pisani vi edificarono il castello di Castro invitando a popolarlo gli abitanti delle alile parti della città, ai quali accordarono alcuni privilegi.
Gelosa dell'ingrandimento dell'emula Pisa, la repubblica di Genova le ruppe guerra, tentando rapirle alcuni dei suoi possedimenti in Sardegna : i Pisam opposero, con alterna fortuna, resistenza a codesti assalti, finché, sconfìtti, nel 1324,