52 l'arte Quinta — Italia Insulare
respinti dagli abitanti. Una tempesta improvvisa compi la rovina rifila spedizione con la perdita dei vascelli schierali in ordine ili battaglia ed altri di seeorid'ordiue.
Dopo un inutile bombardamento di parecchi giorni il Truguet iimbarco i suoi soldati e parti lasciando alcune migliaia ili soldati fra morti e prigioni.
In ricompensa dell'eroica resistenza, il re invitò i Sardi a chiedere quel che credessero più utile all'isola ed essi domandarono: 1° La convocazione dei suddetti Starnotti; 2° la conferma delle loro leggi, costumi e privilegi; '.> c he tutte le cariche, trattorie quella di viceré, fossero dille agli indigeni; 1° l'insedia mento di uri Consiglio consultivo allato al viceré; t finalmente la licenza di avere in Torino un ministro residente per curare i loro interessi.
1 ministri piemontesi dissuasero il re dal porgere ascolto a queste domande dei Sardi, tantoché nel 1791-95, scoppiò una rivoluzione, in cui il comandante in capo Gaiino Palliaccio e l'intendente generale Pitzolo rimasero uccisi in Cagliari.
Nel 17%, mercè la mediazione dell'arcivescovo e del papa, fu accordata un'amnistia generale ed alcune richieste degli isolani furono accordate.
Quando Carlo Emanuele IV fu espulso dai Francesi da'suoi Stati di terraferma, gli Stamentì della Sardegna inviarongli una deputazione a Livorno per assicurarlo della loro sottomissione e fedeltà.
Nel marzo del 1799 si trasferì con la famiglia reale a Cagliari ove fu accolto con entusiasmo. Poco appresso però fece ritorno sul continente e nel 1802 abdicò in favore dì suo fratello Vittorio Emanuele I, il quale, perduta ogni speranza di ricuperare i suoi Stati continentali, riparò nel febbraio del 180G in Sardegna ove, protetto dagli Inglesi che il difendevano contro gli assalti esterni, rimase sino alla caduta di Napoleone nel 1814.
Durante la sua dimora in Cagliari diede opera con solerzia a migliorare l'agricoltura e l'amministrazione dell'isola, ma era corto a quattrini. Nel 1807 scoppiarono nel settentrione dell'isola dei torbidi, che assunsero un certo carattere di guerra servile fra contadini e nobili. Furon distrutti parecchi palazzi baronali, fra gli altri quello di Sorso, città di 0000 circa abitanti, in provincia e circondario di Sassari. L'insurrezione fu repressa da ultimo e parecchi caporioni, non tutti del basso popolo, furono giustiziati o incarcerati in perpetuo.
Vittorio Emanuele 1 tornò nel 1814 a Torino, lasciando viceré in Sardegna il fratello Carlo Felice, duca del Genevese, il quale in breve tempo purgò l'isola dai briganti e facinorosi. Inesorabile contro coloro che congiuravano a danno della giustizia e del sovrano, seppe incutere un rispetto salutare all'autorità e alla legge. Fu allora che s'ebbe il nomignolo popolare di Carlo Feroce, invece di Feìice, e non a torto forse; ma la ferocia era di lingua e di propositi piuttostochè di fatti.
In quei rivolgimenti di popoli e di Stati vi fu un momento che Vittorio Emanuele I parve voler cedere alle istigazioni della Russia e dell'Inghilterra e scendere a patti con Napoleone per cambiar la Sardegna e i perduti Stati di terraferma con un territorio conveniente nei centro d'Italia. Ma Carlo Felice, senza il cui consiglio il re nulla faceva, così gli scrisse in una lettera memorabile e meritevole di esser qui trascritta :
Touchant l'échange de la Sardaigne, corame vous me demandez conseil là-dcssus, je vous dirai que vous devez faire tout ce qui peut dépendre de vous pour