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La Patria. Geografia dell'Italia
Sardegna. Corsica - Malta - I mari d'Italia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1895, pagine 463

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Sardegna
   35
   I Sardi dell'interno, fedeli al loro linguaggio, sono anche tali in parte ai loro antichi costumi. La danza, che amano assai, è ancora quella de' tempi della Gr< eia. Nel settentrione dell'isola i giovani regolano la loro cadenza al suono della voce umana; in mezzo al cerchio dei danzanti un gruppo di cantori affretta o rallenta il passo. Nel mezzodì la danza è regolata da uno slrumento, la iaunedda, la quale non è altro che l'antica piva di due o tre canne.
   Identica tenacità nelle usanze risguardanti la vita sociale e soprattutto nelle cerimonie e nei riti del comparatico, delle nozze e dei funerali. Come presso tutte quasi le antiche popolazioni d'Europa, il matrimonio è preceduto da un simulacro di ratto; oltre a ciò, la sposa, posto che abbia piede in casa del manto, e la sua cattività sia posta bene in sodo, dee rimanere per tutto il giorno come una statua, non quale un essere vivente, ma come una cosa del marito. Per la medesima ragione le si vieta di visitare i parenti durante i primi tre giorni del maritaggio, e nei distretti meridionali molte donne portano ancora il volto semi-velato.
   I montanari sardi han conservato del pari la lugubre cerimonia della Veglia dei morti nota sotto il nome di litio od aitilo. Le donne, congiunte, amiche o salariate, che metton piede nella camera mortuaria, si strappano i captili, si gittan per terra, gemono, urlano ed improvvisano canti di dolore simili alle nenie funebri raccolte dal Tommaseo in Corsica e pubblicate nella sua bella raccolla di Canti popolari.
   Queste antiche cerimonie pagane delle prefiche assumono un carattere veramente terribile quando il cadavere è quello di un parente ucciso e che gli assistenti giurano di versare per rappresaglia il sangue dell'uccisore. Ancoi sul finire del secolo scorso e al principio del nostro la vendetta costava alla Sardegna molte giovani vite, alle volte sino a un migliaio in un anno.
   Secondo le statistiche, assai manchevoli del rimanente, il numero digli abitanti della Sardegna sarebbe diminuito di oltre 00,000, durante i 40 anni che precederono il 1816, e la causa principale di questo tributo pagato alla morte sarebbe stata la vendetta. A' dì nostri quest'usanza sanguinaria non vige più che nei distretti remoti e particolarmente in quello di Nuoro e nella Gallura fra le montagne; là il padre non dimentica quando battezza li figliuolo suo, di ficcare nelle fascie alcune palle che, consecrate in tal modo, mai non cadono in fallo. Ma in generale gli omicidi per vendetta sono quasi scomparsi e i Sardi soli divenuti mansueti e dimentichi delle offese e degli oltraggi al paragone dei loro vicini, i Corsi.
   X.
   Industria, commercio, navigazione a vapore e strade ferrate.
   L'agricoltura, la pastorizia, la pesca e la coltivazione delle miniere sono i quattro rami principali della poco florida industria sarda. Scarsi i lavori delle arti: lanerie grossolane dette orbace, tele casalinghe, qualche tessuto in cotone, cuoi conciati con foglia di mirto, pelli, marocchini, cappelli e berrette, sapone, mobili, turaccioli, corde di palmite, stacci, amido, paste, stoviglie di poco valore, acciughe salate e tonno sott'olio.
   Corrispondente a quella dell'industria ò la pochezza del commercio, nonostante ì dodici porti (Cagliari, Terranova, Porto Torres, Carlo forte, ecc.), onde va altiera