28
l'arte Quinta — Italia Insulare
o camere a vòlta di cui attribuisce l'edificazione a Joiao (Pseudo-Auistot., De mira-bilibus, 104). Diodoro (ìv, 30) altresì parla delle grandi opere costruite da Dedalo per Jolao, il che dee riferirsi evidentemente alla medesima classe di monumenti (1).
VII.
Flora e Fauna della Sardegna,
Il prodotto principale del suolo della Sardegna nei tempi antichi era, come ahbiam visto, il grano che esportavasi in grande quantità anche prima del periodo della conquista romana.
Le sue regioni montane erano anche ben adatte al pascolo e, al dire di Diodoro (v, 15), le sue tribù natie alimentavansi principalmente con quel che davan loro le greggie e gli armenti, e vestivansi delle lor pelli donde il nome di Sordipelliti.
L'isola possedeva anche miniere di argento e di ferro, di cui il primo era, dicesi, molto abbondante (Solin., 4, § 4). Codeste miniere furono indubbiamente coltivate dai Romani, come apprendiamo dalle traccie esistenti tuttora e dal nome di Metallor, dato ad un luogo nel sud-ovest dell isola fra Keapoli e Sulcis.
Aveva anche pescherie estese, specialmente di tonno, e del murice per tinger la porpora (Suid., s. v.).
Ma i suoi prodotti più particolari erano il mufflone (Ovis Amman, Linn.), che esiste sempre nei luoghi più inaccessibili dell'isola, ed un'erba, detta Eerba Sardoa, la cui amarezza era siffatta, che induceva, dicesi, una specie di riso convulso n coloro che la gustavano, il che credesi origine della frase visus sardonicus, o riso sardonico (2). Ma l'etimologia e l'origine di codesta frase son dubbie in sommo grado e l'erba a cui alludono gli antichi autori non può essere ora identificata.
L'amarezza del miele sardo (Graz., Art. Post., 375), che credesi provenisse da quest'erba, è però un fatto anche al dì d'oggi (Smyth, Sardinia, p. 101). Dice Pausania (x, 17, § 12) che l'isola era libera dai lupi, del pari che dalle vipere e altri serpenti velenosi, com'anco al dì d'oggi secondo il La Lamarmora (Voyage en Sardaigne, voi. i, pp. 137, 177), ma albergava un ragno velenoso, una specie probabilmente di tarantola detta Solifuga, particolare all'isola (Solixo, l. c.).
1. Flora. — Distinguonsi tre regioni o zone di coltivazione in Sardegna: comprende la prima la parte centrale e montagnosa; la seconda le coste ed alcune regioni settentrionali; e la terza le coste e pianure meridionali. Vi crescono quindi in copia selve d'alberi robusti e belli, uliveti, aranceti, frutteti, con la varietà delie specie
(1) Oltre l'opera classica e più volte citata del La Marmora son da vedere, intorno ai nuraghi, le seguenti : Pftit-Radel, 2\rotice sur les nuraghes de la Sardaigne, dans levrs rapporti avec les rhultats des recherches sur les monuments cyclopèens ou pélasgiques (Parigi 1826); Spano, Memoria sopra i nuraghi di Sardegna (Cagliari 1867). Trattarono inoltre dei Nuraghi Aristotele, o l'autore del Mirabilibus, Diodoko Siculo, il Fara negli Annales Sardiniae, il Vidal, lo Stephani.ni, il capitano Bokklli, il Madao, l'aliate Petron, Mimato, Micali, il barone Manno, Lnghikami, l'abate Arri, il Padre Angius, ecc.
(2) Riso sardonico. Specie di convulsione che contrae dall'una parte e dall'altra i muscoli delle labbra, cosi chiamata perchè somiglia all'effetto che produce un'erta che nasce in Sardegna. Questa erba, simile alla cedronella, contrae i muscoli della bocca di quelli, ebe ne mangiano e li fa morire a modo di chi ride (P. Fanfani, Vocabolario dell'uso toscano. Firenze 1863).