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l'arte Quinta Italia Insulare
Di assai maggiore importanza archeologica che queste Pidrn fitte, sono i Nuraghi, vocabolo ili radice fenicia, la quale occorre di frequente in Sardegna, come in Nuoro, Narri, Nora, Narra, Nuragugume, Nurredu, Nuraminis, ecc., tutte voci esprimenti luce, fiamma e fuoco. Ei parrebbe adunque che il nome di Nuraghi (Nuraghe, o Nuraghi',s o Nurache, che cosė nei varii luoghi dell'isola chiamarsi dagli abitanti) fosse dato a questi monumenti dai Eenicii (i Cananei della Bibbia) in allusione ai sacri fi zi i loro del fuoco eseguiti in cima ad essi in forma di altare.
Sorgono i nuraghi sulle balze dei monti e delle colline, sulle pendici dei colli e alcuni pochi a valle o nella pianura, isolati, a gruppi di 20 sino ad 80 e lalfiata sin di 200. Consistono propriamente in grandi edilizi di forma rotonda che, partendo larghi dal suolo, sminuiscono verso la cima spianata e formano un cono tronco.
Hanno i pių un'altezza di 18 metri ed un diametro in fondo di 30, e son costruiti di pietre calcari, porfido [rachitico, granito o roccie vulcaniche estratte dalle cave vicine, ma non cosė massiccie e commesse con quell'arte e quella cura che amrni-ransi nelle costruzioni ciclopiche nella Grecia o in Italia.
Queste pietre vanno salendo orizzontalmente eli suolo in suolo, dice il Padre Bresciani nel suo stile ricercato, insino a poc'oltre la corda del perimetro della base. Nel mezzo č vuoto pel vano di una cella, che dal suolo monta in alto digradando sė dolcemente, che i gironi s'incurvano e ristringono insino al vertice, il quale, tondeggiando un po' acuto, giunge alla pietra di mezzo, che fieramente gli addenta. La porta č formata per lo pių dė tre scheggioni di rupe o di tre smisurati macigni ed č pių o meno sfogata, ma la maggior parte č bassa tanto ch'egli č mestieri entrar carpone.
Tutto il maschio č cieco, nč v'ha spiraglio di sorta, onde altra luce non entra nella cella che il poco barlume ripercosso dal limitare dell'ingresso. La cella del mezzo č a cerchio; ma in alcune sfondano quattro nicchioni a croce l'uno di rincontro a quello della porta, gli altri due al quarto di cerchio. Per lo pių di fianco al nicchione di fronte s'apre un forame, che mette a certi scaglioncini, i quali girando fra il grosso del muro mettono per una chiocciola sopra il piano, chi in capo al nuraghe a guisa di terrazzo. E questi sono i comuni e pių semplici; chč havvene altresė di grandissimi e a pių celle, che alla mezzana riescono per androncelli alcuna fiata sė bassi, da non potervisi andar ritti, ma egli convien piegare il capo ed incurvar le schiene profondamente.
Le celle poi son tutte a comignolo, come sarebbe una pigna, o un mezzo guscio d'uovo dalla parte ove assottiglia, e sė gli anditi come le cellette son buie, e alcune salgono ad un secondo piano entro il forte della muraglia, ma sono di minor ampiezza delle terragne, fn altri nuraghi la cella in luogo d'essere a suolo, cala sotterra; e vi si scende per alcuni gradi. Parecchi poi dei pių grandi s'aprono all'uno dei lati della cella, e chi si mette per un angusto calle, che internandosi affonda, perviene ad un punto che ripiglia l'ascesa, e sbocca senza avvedersene a un nuraghe non molto dal primo discosto. E talora il mastro edifizio č nel mezzo, e attorno a un trarre d'arco si levano altri nuraghi, i quali per sotterranei cunicoli a quello si congiungono, a guisa che veggiamo nelle fortezze i bastioni rispondere sotto le cortine gli uni cogli altri e ciascuno per gallerie sotterranee, colla rocca del castello. Niun indizio di finestre č in essi, nč di ballatoio, che'li corresse intorno da alto,