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Parte Quinta — Italia Insulare
Erroocrate, esule siracusano, ch'orasi stabilito sulle sue rovine con un nucleo numeroso di seguaci, devastò i territori] di Mozia e di Panormo; e, durante la seconda, spedizione dei Cartaginesi sotto Annibale (407 av. G.), queste due città divennero di bel nuovo la staziono permanente della squadra Cartaginese (Diod., xin, 88).
La posizione importante raggiunta da Mozia indusse Dionisio di Siracusa a dirigere i suoi sforzi principali a sottometterla, quando nel 397 av. C. egli invase alla sua volta il territorio cartaginese in Sicilia. 1 cittadini dal canto loro, confidando nel soccorso di Cartagine, apparecchiaronsi ad una gagliarda resistenza ; e, tagliando la suddetta diga che li univa all'isola madre, costrinsero Dionisio a ricorrere al laborioso e tedioso ripiego di costruire un'alzata o molo di terra a traverso il tratto marittimo di separazione. Anche quando fu compiuto quest'impervio lavoro e le macchine guerresche di Dionisio (fra le quali foce la sua prima comparsa la formidabile catapulta) furon condotto sotto le mura di Mozia, i cittadini continuarono la loro resistenza disperata; e dopo che le mura e le torri furono conquistate dalle forze soverc.hianti del nemico, continuarono la difesa di strada in strada e di casa in casa.
Codesta lolla ostinata altro non fece che accrescere la precedente esasperazione dei Greci siciliani contro i Cartaginesi; e quando i soldati di Dionisio si furono impadroniii da ultimo della città, posero inesorabilmente a fi! di spada la popolazione sopravvissuta, uomini, donne e fanciulli (Diod., xiv, 47-53). Dopo di ciò il despota siracusano diodo la città in guardia ad una guarnigione sotto il comando di un uffìziale di nome Pilone; mentre suo fratello Leptine no faceva la stazione della sua squadra. Ma la primavera successiva (39G av. C.) il generale cartaginese Imilcone sbarcò a Panormo con grandi forze e riconquistò Mozia, con poca difficoltà a quel che pare. La città non era però destinata a ricuperare il suo antico splendore, giacché Imilcone, avvisando probabilmente i vantaggi superiori di Lilibeo, fondò una nuova città sul promontorio omonimo in cui trasferì i pochi abitanti superstiti di Mozia (T)iod., xxn, 10, pag. 498). Da quel periodo essa scomparisce affatto nell'istoria e l'isoletta su cui sorgeva non fu probabilmente abitata in seguito che da pochi pescatoli.
Il luogo ove sorgeva Mozia, intorno al quale son molto dubbiosi gli antichi geografi, fu chiaramente identificato e descritto dal capitano inglese Smyth nella sua bell'opera Sicily (pagg. 235, 236), Fra capo Boeo (Liiybaeum) e San Teodoro (Aegy-thallus) la costa forma una baia profonda in fronte alla quale stendesi un lungo gruppo di basse isolette rocciose e le acque che restano fra queste e la terraferma chiamansi lo Stagnone di Marsala. In mozzo a queste acquo giace la piccola isola di San Pantaleo, o Pantaleone, in cui scopronsi sempre gli avanzi di una città antica. Vi si veggono sempre ruderi di mura e di porte e vi si raccattali medaglie, vasi e mattoni antichi — indizi infallibili di una città vetusta. Lo spazio ristretto in cui era edificata la città consuona con la descrizione di Diodoro (xiv, 48, 51) che le caso erano alto e di salda costruzione, con vie angusto che agevolarono la difesa disperata dogli abitanti contro Dionisio. Di presente l'isoletta di San Pantaleo non è abitata che da pochi contadini che transitano con carrette od animali por una via subacquea che corrisponde alla vecchia diga.
Appartiene alla provincia di Trapani anche l'isola di Pantelleria, la maggiore delle isole Pelasgie, posta fra la Sicilia e l'Africa, a sud di Marsala.