r)IO
Parte Quinta — Italia Insulare
con una gran parte delle loro schiere. Romilcare, che aveva lasciato il porto per ire a sollecitare rinforzi da Cartagine, non vi tornò più ed Epicide, che gli era andato incontro, abbandonò la città al suo destino e si ritirò in Agrigento.
La difesa di Siracusa era ora affidata ai capi delle truppe mercenarie ed uno di essi lo spaglinolo Merico, che aveva il comando della parte della città che va dalla fonte di Aretusa alla bocca del porto, trattò segretamente coi Romani, un corpo dei quali sbarcò notte tempo all'estremità dell'isola presso la suddetta fonte, impadronendosi in poco d'ora dell'intiera Ortigia; mentre Marcello, avendo nel-l'istesso tempo dato un assalto generale all'Acradina, riusciva ad impadronirsi di una porzione di essa. Il rimanente della città fu allora ceduto volontariamente dagli abitanti ; e Marcello, dopo prese le debite cautele per assicurare il regio tesoro e le case dei cittadini parteggiatiti pei Romani, abbandonò Siracusa al saccheggio dei suoi soldati.
Archimede, che tanto aveva contribuito a difenderla, fu ucciso, secondo la ben nota leggenda, mentre era assorto nei suoi calcoli matematici da un soldato a cui vuoisi dicesse: Noli turbare circulos meos. Il bottino fu enorme; e le magnifiche statue, pitture, ed altre stupende opere d'arte trasportate da Marcello a Roma per ornare il suo trionfo, diedero, dicesi, il primo impulso a quell'amore dell'arte greca che prevalse poi tanto appo i Romani (Liv., xxv, 26-31, 40; Plut., Marc., 14-19; diod., xxvi, 18-20) (1).
Da quel tempo Siracusa cadde nella condizione ordinaria di città provinciale del grande Impero romano; ma continuò ad essere la capitale incontrastata della Sicilia ed era la residenza usuale dei pretori romani inviati a governare l'isola del pari che di uno dei due questori incaricati della sua amministrazione finanziaria. Anche ai tempi di Cicerone essa ò da lui qualificata, non senza però la solita
(1) Quel ladro famoso di capi d'arte che fu Caio Verre, proconsole romano in Sicilia, messo alla gogna dei secoli da Cicerone nelle Verrine, portò via da Siracusa tali e tante statue, che, al dire di esso Cicerone, furono più numerose dei cittadini uccisi da Marcello nell'assedio sanguinoso che abbiali) narrato. Fra queste primeggiavano per rarità: 1' un Giove; 2° i simulacri figuranti Aristeo e Peano; 3° una statua in bronzo del celebre statuario Licanione, rappresentante Saffo; 4° ventisette busti dei re o tiranni della Sicilia, tolti al tempio di Minerva, da cui furono anche portate via le famose porte, che, intarsiate d'oru e d'argento, superavano quanto altro mai si fosse fatto in tal genere. In Siracusa poi era anche la Venere celebratissima detta la Venere di Siracusa, che ammirasi nel Museo del principe di Biscari; è atteggiata quasi come la Medicea, ha però forme alquanto adiposette e porta inoltre un panno raccolto a mezzo la bella persona, che le accresce leggiadria.