Stai consultando: 'La Patria. Geografia dell'Italia Sicilia', Gustavo Strafforello

   

Pagina (587/721)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (587/721)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




La Patria. Geografia dell'Italia
Sicilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1893, pagine 684

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Siracusa 242
   Codesto rifiorire e prosperare di Siracusa ebbe fine con la morte di Gerone nel 215 av. C. Suo nipote e successore Jeronimo abbandonò l'alleanza di Roma per quella di Cartagine, e quantunque il giovane re fosse poco appresso assassinato, il partito cartaginese continuò ad avere il sopravvento in Siracusa sotto i due capì di nome Ippoerate ed Epicide 1 quali furono nominati generali con potere supremo.
   Eglino chiusero le porle al pretore romano Marcello che aveva il comando delle truppe romane in Sicilia ed, avendo respinto tutte le proposte di accomodamento,
   10 costrinse a porre l'assedio a Siracusa nel ili- av. G. (Liv., xxiv, 21-23).
   L'impresa riuscì assai più ardua di quello che il generale romano pare s'immaginasse. Come già reiteratamente i Cartaginesi, ei pose il campo sull'altura dell'Olimpico; ma i suoi attacchi principali furono direlli contro le mura settentrionali in vicinanza dellExapilo (lo sbocco della citta verso Leontmi e Megara) del pari che contro le difese dell' A era ditta dalla parte del mare. La squadra poderosa, sotto il comando d'Appio Claudio, dava a Marcello il dominio assoluto del mare ed ei se ne \alse per appostare le navi armate di potenti macchine d'assalto fin sotto le mura stesse che guornivano le roecie dì Aeradina; ma tulli i suoi sforzi furono frustrati dall'ingegno inventivo di Archimede, il quale dai bastioni d'Or-tigia appiccò il fuoco, secondo una notissima leggenda, alle navi romane per mezzo di specchi ustori!, sì che Marcello si trovò costretto ad abbandonare tutti gli assalti aitivi e a convertire l'assedio in blocco (Liv., xxiv, 33, 34).
   Durante il verno ei lasciò il campo e l'esercito all'Olimpico sotto il comando di T. Quinzio Crispino, mentre egli pigliava i suoi quartieri d inverno e stabiliva un campo fortificato a Leon, a nord della città. Ma non gli venne fatto di stabilire uno stretto blocco per mare e i Cartaginesi riuscivano di frequente a vettovagliare la città, cotalchè il blocco fu prolungato per altri due anni; e Marcello cominciava a dubitare della riuscita quando nella primavera del 212 av. C. un caso gli porse
   11 destro di dar notte tempo la scalata alle mura in un luogo detto da Livio I'orlus Tmgilionfm (evidentemente quella piccola insenatura che addiniandasi oggidì Scala Greca)-, ed, avendo per tal modo sorpreso le mura, s'impadronì della porta ali Exa-pilo del pari che di una gran parte del pendio dì Epipoli.
   Ma il forte ìnunitissimo d'Eurialo all'angolo d'Epipolì sfidò tutti i suoi sforzi e le mura di Aeradina, che conservava sempre le sue fortificazioni separate, abilitarono i Siracusani a mantenersi in quella parte importante della città non che nell'isola e fortezza d'Ortigia, I due quartieri di Tiche e Xeapoli furono però da luì circondati, presi ed abbandonati al saccheggio, avendo gli abitanti stipulato soltanto la salvezza delle vite; e poco appresso Filodemo, che aveva il comando della guarnigione del forte Enrialo, non avendo più speranza di soccorso, abbandonò anche quel posto importante nelle mani dì Marcello (Liv., xxv, 23-25).
   Il 'generale romano era ora padrone di tutte le alture di Epipoli ed essendo al sicuro da ogni assalto alle spalle mercè il possesso d'Eurialo. divise le sue forze in tre campi ed intese intieramente a bloccare Aeradina, Nell'istesso tempo Crispino occupava sempre il vecchio campo sull'Olimpìeo,
   In siffatto slato di cose i Cartaginesi fecero uno sforzo vigoroso per rompere il blocco; eglino avanzaronsi con un grosso esercito sotto Imilcone ed Ippoerate ed assalirono d campo di Crispino, mentre Bonificare, con una squadra di 150 navi occupava il Porto Grande ed impossessa vasi della spiaggia fra la città e la foce dell'Anapo nell'istesso tempo che Epicide faceva una vigorosa sortita da Aeradina contro le linee di Marcello. Ma furono respinti su tutti i punti, e, quantunque continuassero per qualche tempo a mantenere il loro esercito nella vicinanza immediata della città, furono tosto assaliti da una pestilenza cagionata dalla natura paludosa del terreno basso su cui accampavano, ed a cui soggiacquero Ippoerate ed Imilcone