r)IO Parte Quinta — Italia Insulare
rattamente con tutto l'esercito contro Siracusa. Posero il campo all'Olimpieo, protessero le navi con palafitte, sul Dascon (ora punta Cadérmi) rizzarono un castello e ruppero il ponte sull'Anapo lungo la strada a Noto.
I Siracusani, indietreggiando celeremente, accamparonsi dirimpetto ad essi. La prima battaglia addusse un armistizio; gli Ateniesi aspettavano rinforzi e svernarono a Catana e a Nasso. In Siracusa si mandò per aiuto a Sparta; si murò il Temenite lungo l'intiero lato verso Epipoli; si trincerò sulla costa a nord il castello Megara, e a sud il sobborgo sull'Olimpico e si occuparono gli accessi al pianoro restringentesi in triangolo d'Epipolì per impedire la costruzione di opere d'assedio.
Ma gli Ateniesi già si appressavano con tutte le loro forze; a Leon, poco lungi da Epipoli, sbarcarono l'esercito di terra, ormeggiando le loro navi a Tajìso (Magnisi). L'esercito si avanzò a marcie forzate ad Epipoli, guadagnò le alture supreme di Eurialo, respinse i Siracusani giunti troppo tardi, si stabilì sull'Epipoli e costruì, per consolidare le sue comunicazioni con la squadra, il forte Labdalo sull'orlo scosceso verso il castello Megara, in cui allogò il parco d'assedio, le armi e il danaro; indi die mano ad una grande muraglia di circonvallazione dopo aver costruito un altro forte, Sice, collegato con esso.
I Siracusani tentarono molestare quei lavori e guadagnar tempo per l'arrivo dei rinforzi i quali non tardarono infatti a giungere da Sparta anche per opera di Alcibiade, esiliato, il quale vi aveva svelato le mire segrete di Atene di sottomettere, dopo conquistata la Sicilia, il Peloponneso.
Gilippo, spartano d'alto affare, giunse speditamente con 700 guerrieri e 2500 uomini di rinforzo in Sicilia, si avanzò, alla volta di Siracusa, salì per l'Eurialo alle alture d'Epipoli ed unito ai Siracusani assalì le trincee ateniesi ancora in costruzione, mentre un altro corpo dava l'assalto al forte Labdalo, di che i Siracusani poterono costruire un contromuro da contrapporre al muro di circonvallazione degli Ateniesi per bloccare e stringere d'assedio la città.
Nicia traslocò squadra ed esercito nel promontorio Plemmirione dirimpetto ad Ortigia e vi fece fabbricare tre forti. Frattanto dodici navi inviate da Corinto con soldati e provvigioni riuscivano ad entrare nel porto. Nicia chiese rinforzi ad Atene e l'esonero dal comando supremo ; gli Ateniesi non l'esonerarono, ma gli inviarono Demostene con validi soccorsi. Prima ancora del loro arrivo gli Ateniesi toccarono una sconfitta sensibile in un (secondo) combattimento navale e Demostene tentò subito d'impadronirsi con un colpo di mano del suddetto contromuro siracusano; salì nottetempo dall'Anapo al pianoro d'Epipoli e prese alle spalle il suddetto contromuro; ma in pari tempo comparvero sotto il comando di Gilippo le truppe siracusane appostate sull'Epipoli respingendo valorosamente gli Ateniesi i quali furono quasi tutti annientati nella disastrosa e precipitosa discesa.
Alla presa di Siracusa non era più da pensare, sì piuttosto al modo di assicurarsi la ritirata. Nicia e Demostene risolsero perciò di far ritorno segretamente con la squadra a Catana; ma i Siracusani asserragliarono le loro navi a traverso la bocca del portone. Gli Ateniesi, abbarrati e rinchiusi, si videro costretti all'ultima battaglia navale. Nicia prese il comando delle truppe ateniesi superstiti rimaste in terra e Demostene si accinse immediatamente a sforzar con le navi l'ingresso asserragliato del porlo. Già le ateniesi soverchiavano le navi siracusane le quali non tardarono a riordinarsi e a far testa sì che la battaglia si accese Serissima nell'interno del porto. Dopo una lunga e disperata lotta navale, durante la quale l'esercito di terra assistente sulla spiaggia ora invocava l'aiuto degli Dei ora incuorava con alte grida i combattenti, gli Ateniesi furono sgominati ed inseguiti fin sulla spiaggia.
Ma anche per l'esercito terrestre scomparve ogni speranza di salvezza, ingannato dalle notizie che tutte le strade, i passi dei monti e i valichi dei fiumi erano