Siracusa 236
Fig. ii7. — Siracusa: Forte Eurialo (da fotografìa di G. Soilmer).
Ma quando nel 410 av. C. gli Egestani o Segestanì, vinti dai Selinuntìni. incitati da Siracusa, chiesero aiuto ad Atene, l'ambiziosa Alcibiade aizzò, con focosa eloquenza, il popolo ateniese alla guerra; facendogli intravvedere non solo la sottomissione di Siracusa, e con essa della Sicilia, ma anche quella di Cartagine e dell'Italia.
Una squadra poderosa sotto il comando d'esso Alcibiade, dell'aristocratico Nicia (eletto comandante contro il suo desiderio) e dello sperimentato Lamaco, sciolse dunque per la Sicilia, ma non vi trovò l'aspettata favorevole accoglienza. A Catana, ove non furono ammessi che i generali e dove Alcibiade recitò un'orazione in teatro, i soldati ateniesi sforzarono una porta laterale e penetrarono nella città; il partito siracusano fu soverchiato e Catana strinse alleanza con gli Ateniesi, i quali vi condussero la loro squadra e vi si misero a campo.
Ma all'improvviso giunse ordine da Atene di rimandare Alcibiade accusato di sacrilegio ; egli e i suoi correi abbandonarono perciò la Sicilia e con lui dileguossi il presentimento e la speranza della vittoria nell'esercito al cui coniando rimase Nicia irresoluto e temporeggiante.
Mediante uno stratagemma (la notizia inviata a Siracusa che un gran numero di Ateniesi passavano la notte in Catana di che facil cosa era impadronirsi del loro campo) egli adesco i Siracusani ad uscir fuori in gran numero e notte tempo mosse
G!) — La l'atrlii, voi. V.