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Parte Quinta — Italia Insulare
edificato dai Geomori, o colorii primitivi oligarchici, fin dal seslo secolo av. G. In codesto tempio Gelone offri a Giove il manto d'oro tolto ai Cartaginesi vinti ad Imera, manto rapito poi da Dionisio il Vecchio dicendo che recava al Dio troppo caldo nell'estate e non lo schermiva dal freddo nel verno „ E basta codesto motto a chiarire l'empia rapacità del tiranno.
L'adiacente promontorio di Pieni mi rione pare che fosse abitato nella costa di Masso Oliver!, e quantunque offra un pianoro d'altezza ragguardevole, non fu mai fortificato in modo permanente che solo sulla entrata del porto. Il seno meridionale nel porto grande, detto ora baia di Santa Margherita, è evidentemente quello mentovato negli assedi degli Ateniesi e dei Cartaginesi col nome di golfo di Jjaseon. Il forte eretto dagli Ateniesi per proteggere la loro squadra sorgeva apparentemente sull'altura adiacente connessa a quella dell'Olimpico.
Quasi immediatamente appiè dell'Olimpico stava l'antico ponte sull'Anapo, di cui vedesi ancora qualche residuo, del pari che della strada antica che con duceva all'Eloro, memorabile per la ritirata degli Ateniesi, coinè vedremo in seguito. Essi perù non traversarono in quell'occasione il ponte, ma dopo un tentativo frustraneo per penetrare nell'interno seguitando la valle dell'Anapo, si diressero alla strada Elorina che raggiunsero a qualche distanza oltre l'Olimpico.
Non lungi dal ponte sull'Anapo ergevasi il monumento di Gelone e di sua moglie Demarete, costruzione sontuosa ove i Siracusani costumavano rendere onori eroici al loro grande reggitore. Andava ornato di nove toni massiccie, ma il monumento stesso fu distrutto da Imilcone quando si pose a campo nel vicino Olimpico e le torri furono poi demolite da Agatocle (Diod., sì, 38; xiv, 03.
A circa due chilometri e mezzo a sud-ovest dell'Olimpico la limpida e copiosa fonte del Ciani, di cui già abbiamo tocco trattando della provincia, spiccia in mezzo ad una palude; il santuario della ninfa omonima a cui era sacra doveva sorgere sulle alture soprastanti, dacché sappiamo da Diodoro (xiv, 72) che Dionisio condusse le sue schiere intorno a codesto luogo con animo di assalire il campo cartaginese all'Olimpico e la palude stessa dovette esser sempre intransitabile alle truppe.
La fonte del Ciani chiamasi ora, come già abbiamo visto, la l'ima : presso di essa è un'altra fonte più piccola detta Pismotta; ed una terza, il Cefalino, sgorga fra il Giani e l'Anapo. Il numero di cotesto fonti d'acqua limpida, provenienti, non ha dubbio, da sorgenti lontane fra le colline calcari, è caratterislico delle adiacenze di Siracusa ed è notato da Plinio che registra altre quattro note fonti, oltre il Ciani e la più celebre Aretusa. Ei le denomina Temenilis, Archidemia, Matjaca e Milichìa, ma non le si possono ora identificare (Pi,in., in, 8, 5, 14).
Niuna di queste fonti però poteva provveder d'acqua la città si che si dovette dedurre di buon'ora un acquedotto lungo le alture dall'interno. L'esistenza di esso è già attestata sino dal tempo dell'assedio ateniese (Tuoid., vi, 100); e il canale, sotterraneo in gran parte, è visibile tuttodì e mena acqua sufficiente a mettere in moto un mulino situato presso il gran teatro suddescritto.
Pochi luoghi rimangono ancora a descrivere a nord di Siracusa, i quali, sebbene non inclusi nella città, ricorrono spesso nella sua storia.
Leon, ove sbarcarono gli Ateniesi al principio dell'assedio (Tucid., vi, 97) e dove Marcello stabilì i suoi quartieri d'inverno quando non gli venne fatto di pigliar d'assalto la città (Lìv,, xxiv, 39), è probabilmente la piccola insenatura a circa 3 chilometri e un quarto a nord della Scala, Greca, la quale non dista pili di 1 chilometro e mezzo dal punto più prossimo di Epipoli, il che consuona con la descrizione di Tucidide che la dice lontana da qui G o 7 stadii.
A circa 5 chilometri più oltre a nord è il promontorio di Tapso (ora Magnisi), bassa e rocciosa penisola, unita al continente da un istmo arenoso sì che formava