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Parte Quinta — Italia Insulare
li. — L'antica Siracusa.
0 Leila figlia di cittadi altere Tossente Siracusa,
0 divina nutrice Di generose menti
'l'empio al signor di bellicose schiere ; E d'alati destrier nel campo ardenti.
Cosi canta Pindaro nella seconda delle Odi Pitie, e il tedesco Schneegans nella sua bell'opera recente : La Sicilia nella natura, nella storia e nella vita (Firenze 1890) così ne vien ragionando:
Siracusa è una Babilonia europea. La più splendida città dell'antica Eliade, contro alle cui mura s'infranse la potenza d'Atene, la sovrana dei mari e del continente, centro di una coltura incomparabile, cantata dai poeti, narrata dagli storici, dove è ella oggi? Che cosa è divenuta? Tutto è scomparso: templi, fortezze, palazzi, teatri, mura merlate; il luogo dove sorgeva una volta la magnifica Siracusa è deserto; non vi sono neanche rimasti i rottami delle pietre e tutto ciò che gli antichi chiamarono Siracusa è sparilo e sommerso in un favoloso esterminio.
Sopra una collina, in mezzo agli ondeggianti campi di grano, sulla sponda del fiume Anapo sono due colonne solitarie; un'altra screpolata e appena riconoscibile s'innalza dal maggese sparso di sassi, al crocicchio di alcune strade polverose. Le prime servono come di segnale ai naviganti quando entrano dall'alto mare nell'ampio porto; alla terza i contadini che vanno in città, legano la cavezza dei loro asini e muli!
0 città di Archimede, di Platone, di Pindaro, di Gelone e di Dionisio, quanto è terribile e triste in sommo grado il destino che ti ha colpito ! Anche altri paesi, altri popoli e altre città soffrirono; anche altrove le guerre, le pestilenze e le rivoluzioni aprirono ferite profonde e il fato della storia universale si aggravò anche sopra Atene e sulla grande Roma. Ma dalle rovine di queste città e di questi popoli sorse una nuova vita e le rovine stesse sopravvivono ancora attestando nel loro immenso cordoglio la magnificenza e la grandezza di una volta. Ma una città mondiale è svanita nel nulla; e bisogna penetrare sotto terra per aver notizie dell'antica Siracusa, della sua potenza e del suo splendore ! Vanitas vanitxitum et omnia vanitasi „; ovvero : E Vinfinila vanità del Tutto, come scrisse il Leopardi.
Rintracciamo nella moderna l'antica Siracusa, che ben sei merita.
Non v'ha forse luogo in Europa che abbia un'individualità così distinta come Siracusa. Senza vederne l'area è quasi impossibile comprenderne l'istoria grandiosa in cui tanti incidenti importanti originarono dalle sue particolarità geografiche.
Essa conteneva quattro città separate, quadruplices Syracusae, come leggesi in Ausonio (CI. llrb. 11) e portava il nome di Tetrapoli prima che Dionisio I, il Vecchio, aggiungesse Epipoli dopo di che Strabene la chiama Pentapoli. E una vera Pen-tapoli, ossia un aggregato di cinque città murate e comunicanti fra di loro per mezzo di porte spaziose era l'antica, immensa Siracusa. Ognuna di queste città aveva un nome particolare: Ortigia, la città madre sull'isola omonima, Acradina, Piche o Tica, Neapoli ed Epipoli. Tutte erano poi racchiuse in una forte cinta di mura che descriveva un perimetro di 34 chilometri con circa 1 milione di abitanti. Acradina era la più florida, Piche andava debitrice del suo nome ad un tempio della Fortuna; Epipoli era così chiamata da epi (sopra) e polév (città), ossia sopra la città; era essa infatti la città più elevata della Pentapoli la quinta e l'ultima, e racchiudeva la ròcca fortificata, detta d'Eurialo come anco il castello Labdalo.
Tutte le quattro città, diremo così continentali occupavano il rialto spianato che slendesi fra il mare a est e le alture di Epipoli a ovest con dirimpetto l'isola d'Ortigia e a sud di essa il Porto Grande e la palude di Siraco che diede il nome alla città.