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La Patria. Geografia dell'Italia
Sicilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1893, pagine 684

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   4.6(3
   Parte Quinta — Italia Insulare
   e soldati, affranti dalle fatiche della giornata, sdraiaronsi a dormire nei loro posti, Garibaldi stesso dormì saporitamente appoggiato il capo sopra una sella sotto il portico di una chiesa.
   La vittoria era stata però comprata a caro prezzo; non meno di 750 Garibaldini erano rimasti fuori combattimento e di questi 150 uccisi. Le colonne del Medici e del Gosenz con la riserva furono quelle ch'ebbero perdite maggiori e degli 82 Carabinieri genovesi non ne rimanevano che 32, per modo che si può dire che, dedotti gii uomini del Malenchini respinti con poche perdite al principio della giornata, cadde più eli un quinto di quelli che guadagnarono la battaglia. Considerando la durata della quale argomentasi quanto dovette essere aspra ed accanita.
   Garibaldi ebbe il cavallo ucciso sotto di lui e rilevò una leggiera contusione. Anche Medici e Missori perderono i cavalli, il primo nella città stessa, e il Cosenz fu ferito leggiermente al collo.
   Quanto ai Borbonici non perderono che 200 uomini in tutto, tanto erano essi afforzati e ben coperti nelle loro varie posizioni.
   Il Tukery, rimasto esposto al vivo fuoco della fortezza, era così malconcio che fu bisogno rimorchiarlo, la mattina del 21, nel porto.
   Il Bosco non poteva più ne ricevere rinforzi nò ritirarsi sopra Messina senza dar battaglia. Il 21 e 22 luglio Milazzo e i due campi nemici erano tranquilli e nessuno dei due riaprì il fuoco. Il 22 giunse nella rada il vapore da guerra francese La Mouette, capitano Boyer, il quale ebbe tosto un abboccamento col Garibaldi e fu stabilito di appiccar trattative per mezzo del capitano Salvi del vapore mercantile francese il Protis. Garibaldi domandava che tutta la guarnigione si arrendesse prigioniera di guerra, lasciando soltanto liberi gli ufficiali, e minacciando, in caso diverso, di p.assarla a fll di spada. Il capitano Salvi si recò dunque il 23 in fortezza, latore di quella proposta al Bosco, il quale non ne volle sapere e gli consegnò una lettera pel Garibaldi ed un'altra pel re Francesco II,
   11 24 giunsero quattro fregate napoletane, una delle quali aveva a bordo il colonnello Ansani dello Stato maggiore generale, incaricato dal Governo napoletano di trattar della resa di Milazzo con Garibaldi. II Bosco dovette piegare il capo.
   A tenore della capitolazione conchiusa fra Garibaldi ed Ansani le truppe napoletane dovevano sgombrare la fortezza con gli onori militari e imbarcarsi immediatamente per Napoli; la fortezza, con tutte le artiglierie, doveva essere consegnata al Garibaldi in un con tutti i cavalli e la metà dei muli, l'altra metà ai Napoletani per essere imbarcata. Bosco fu costretto a cedere i suoi due cavalli, uno dei quali fu dato al Medici che entrò sopra di esso in Messina per essersi il Bosco vantato di fare il suo ingresso in quella città sul cavallo del Medici.
   Il 25 seguì l'imbarco delle truppe napoletane nel porto di Milazzo; un certo numero di soldati colsero l'occasione per disertare ed ingrossar le file dei Volontari.
   La battaglia di Milazzo fu la più aspra e perigliosa che il Garibaldi abbia mai combattuto, e noi ci siamo un po' diffusi a narrarla come quella che compì la liberazione della Sicilia.
   Uomini illustri. — Milazzo diede i natali a Francesco Gaffarello, insigne oratore e matematico; a Francesco Fisano, valente giureconsulto; ed ai tre d'Amico, vale a dire, Filippo, poeta e storico, Natale, poeta, e Riccardo, poeta e giureconsulto.
   Coli elett. Milazzo — Dioc. Messina — Pa T.
   Condro (1313 ab.). — In mezzo ad una valle e in fertile territorio, a 8 chilometri da Milazzo. Produce vino ed olio di cui fa un traffico lucroso.
   Coli, elett. Milazzo — Dioc. Messina — P2 T. a Spadafora San Martino.