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La Patria. Geografia dell'Italia
Sicilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1893, pagine 684

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Messina
   121
   A cagione probabilissimamente di codesta guerra Messana perde la condizione privilegiata di cui aveva fruito si a lungo; ma i suoi abitanti ricevettero In cambio la franchigia romana e fu collocata nella posizione ordinaria di municipio romano. Essa continuò ad essere una città fiorente. Strabene (vi, p. 268) ne parla come una delle poche città siciliane eh' erano ben popolate a' di suoi ; e, quantunque non se ne trovi menzione successiva nell'istoria sotlo l'impero romano, ricomparisce durante le Guerre Gotiche come una delle città principali e delle fortezze più importanti dell isola, grado che tenne indubbiamente nel periodo intermedio. Il vino delle adiacenze, noto sotto il nome di vintiat Mamertinum, era grandemente apprezzato a' tempi di Plinio, e fu messo primamente in voga da Cesare dittatore (Pus., xiv, 6, s. S).
   I Saraceni conquistarono Messina nell'831; nelP istessa guisa che essa chiamò per la prima i Romani in Sicilia e così ora per la prima vi chiamò i Normanni, la cui nuova potenza seppe sottomettere in breve i Saraceni straziati dai dissidii intestini, dal furore e dall'odio settario.
   Durante le Crociate Messina fiori per la sua situazione vantaggiosa ed acquistò grandi libertà anche per l'avvenire. Ma, durante la dimora di sei mesi che fecero i Crociati in Sicilia sotlo il re inglese Riccardo Cuor di Leone, dimora rassomigliante ora ad una festa ed ora ad una guerra popolare, si giunse a tali eccessi che 1 Crociati assalirono, nel 1LJ0, col farmi Messina e la saccheggiarono.
   Sotto gli llokenstaufen, che risiedevano spesso in Messina, Galvano e Federigo Lancia, ziì di Manfredi, si videro costretti a sottomettere la città, la quale temeva pel suo libero sviluppo e stava in questo senso sempre a capo del partito patriottico contro la signoria straniera.
   Quando, dopo ìi Vespro Siciliano, Carlo d'Angiò, avido di vendetta, spinse la sua squadra contro la Sicilia» strinse dapprima Messina d'assedio per mare e per terra (1282). Narra Giovanni Villani nel cap. 68 del libro vii della sua Cronica: m Stette il re con sua oste intorno a Messina due mesi, dando la sua gente alcuna battaglia dalla parte ove non era murata; i Messinesi colle loro donne, le migliori della terra, e co' loro figliuoli piccioli e grandi, subitamente in tre dì fecero il detto muro e ripararono francamente agli assalti dei Franceschi. E allora si fece una canzonetta che disse :
   Deh! com'egli è gran pietate Delle donne di Messina Veggendole scapigliate Portare pietre e calcina. Iddio dea briga e travaglio Cui Messina vuol guastare, ecc. ».
   Quando comparve la squadra di Pietro d'Aragona, Carlo d'Angiò si vide costretto a levar l'assedio e dì tal guisa la Sicilia fu salva pel coraggio di Messina dal suo nemico più acerrimo,
   Messina stava ora alla pari con Palermo e vantavasi che i Romani, i Normanni e gli Hohenstaufen del pari che gli Aragonesi l'avessero dichiarata capitale e che l'imperatore Arcadio l'avesse innalzata al grado di proto-metropoli sopra tutte le città della Sicilia e della Magna Grecia, fregiandola dello stemma imperiale (Croce d'oro in campo rosso che serba tuttora) e che re Ruggero disponesse che tutti i sovrani della Sicilia si dovessero incoronare in Messina, quali cittadini di essa.
   Nel 1535 l'imperatore Carlo V percorse con gran pompa le vie di Messina allora in gran fiore; e nel 1571 il suo ventenne fìgliuol naturale Don Giovanni ci'Austria fu posto a capo in Messina delle forze navali della Santa Lega contro i Turchi, i quan furono primamente sconfitti nella grande e strepitosa vittoria di Lepanto, in