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l'arte Quinta — Italia Insulare
Cenni storici. — Quando i Saraceni, sbarcali il 13 aprile dell'827, ebbero trucidati tutti gli abitanti che avevano ripopolata l'antica Selinunte, posero la propria dimora non lungi dalle rovine, a Sciacca, antica città sicana ch'era stata ampliata dai Cartaginesi e che fu sede dì una colonia romana. Nei primi anni della conquista saracena Sciacca formava già un beled, ovvero un luogo molto popoloso; a est vi si erigeva un sobborgo abitato dai figulini o vasai ; a sud un altro e a ovest il sobborgo di Gadda ove dimoravano gli Ebrei. Le molte famiglie islamitiche che vennero in seguito ad abitare la nuova città ne ampliarono ancora il perimetro con un nuovo borgo, denominato nella loro lingua Bhabat, e fu allora, come scrive il Guropalata, che gli Arabi conquistatori vi stabilirono il Xiaclt o Sceic (governatore) donde poi il nome di Sciacca.
Nel 1072 i Saraceni difesero Sciacca contro il gran conte normanno Ruggero, il quale, impadronitosene, sposò a Gilberto Pcrollo la propria figlia Giulietta, cui diede in dote varie signorie: il regio castello di Sciacca, la cappella dell'Annunziata ed in perpetuo il dominio assoluto della città e del suo territorio, il quale stcndevasi a est sino al Flatani, a ovest sino al Belici e prolungavasi a nord per una lunghezza di 24 chilometri.
Di tal guisa Sciacca venne in potere della famiglia Perollo ; ma Guglielmo il Malo la dichiarò città demaniale e non rimase ai Perollo che il dominio del castello e della regia cappella dell'Annunziata.
Dopo i Vespri siciliani Sciacca, scosso il giogo angioino che l'opprimeva, ricuperò i privilegi di municipalità; i suoi abitanti, convocati nella pubblica piazza, elessero per loro capitano o governatore Isidoro Incisa aggregandogli quattro consiglieri. Ad Isidoro Incisa succede, nella carica di governatore e nel comando del castello, il figlio Federico, il quale ottenne il regio beneplacito dal re di Sicilia Federico II che temeva lo sbarco nell'isola del proprio fratello Giacomo divenuto re di Aragona e sovvenuto da 80 galee armate dall'Angioino e dal Papa; nel riceverne l'investitura l'Incisa giurò al re di difendere il castello sino all'ultimo, e, nel 1299, prese parte alla battaglia di Falconara in cui gli invasori rimasero pienamente sconfitti.
Nel 1302, mentre trovavasi quasi sguernita di truppe, Sciacca fu assalita da un grosso nerbo di Provenzali e dalla squadra dei loro alleati; gli assalti reiterati furono però respinti valorosamente. Più tardi il territorio fu invaso e devastato dalle truppe della squadra del re Roberto.
Celebri e meritevoli di una concisa narrazione sono per ultimo i cosidetti
Casi di Sciacca.
Nel regno di Martino e Maria erede della casa di Peralta, una signora di grande bellezza e con vaste possessioni fu amoreggiata e chiesta in isposa da due gentiluomini ad un tempo, il conte Artale di Luna e Giovanni Perollo. Il re, propenso pelli Luna come spagnuolo, indusse la signora a concedergli la sua mano a preferenza del siciliano Perollo, il che mise in corpo a quest'ultimo tanta sete di vendetta che nel 1412 si dice facesse morir di veleno il rivale. Questo sospetto atroce seminò un odio ereditario fra le due famiglie Infatti nel 14-55 Pietro Perollo, figliuolo di Giovanni. assalì Antonio Luna, figlio del conte Artale, in una pubblica festa, lo pugnalò a più riprese e lo lasciò per morto. Il Luna però guarì e si vendicò appiccando il fuoco al castello di Perollo e passando a fil di spada cento suoi dipendenti.
La guerra fra le due famiglie posò poi per un po' di tempo ma riscoppiò 74 anni dopo, quando Giacomo Perollo, insuperbito per ricchezza e potenza, si diportò con tale alterigia che eccitò l'indignazione di Sigismondo di Luna, il quale, raccolto un buon nerbo di combattenti, si impadronì di Sciacca uccidendo tutti i seguaci del suo nemico. Perollo stesso riuscì a porsi in salvo, ma, tradito, cadde nelle mani dei