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l'arte Quinta — Italia Insulare
strade; più di 5000 furono tratti prigioni in Africa e solo 1600 riuscirono, sotto il comando di Empedione, a porsi in salvo in Agrigento.
Allora soltanto giunsero 5000 soldati scelti da Siracusa ma non riuscirono neppure ad indurre Annibale a riporre, con riscatto, in libertà i prigionieri ; le mura furono agguagliate al suolo, ma più tardi fu concesso far ritorno ai fuggiaschi a condizione di rimaner tributari dei Cartaginesi, accordo confermato col trattato conchiusjj in seguito fra Dionisio e i Cartaginesi nel 405 av. G. (Dion., xm, 59, 114).
Ermocrate dì Siracusa, sbandito da questa città, radunò i fuggiaschi, si stabilì a Selino con 6000 soldati scelti e fece spedizioni fortunate contro le città sotto il dominio cartaginese. Ei rialzò le mura atterrate di porzione della città da lui ricondotta ad una certa floridezza ma non alla primiera grandezza e potenza perdute per sempre.
Dei Selinuntini è fatta di bel nuovo menzione nel 897 av. C. quando dichiara-ronsi in favore dì Dionisio durante la sua guerra con Cartagine; ma così la città come il territorio furono ceduti di bel nuovo ai Cartaginesi dalla pace del 383 (Dion., xv, 17), e, quantunque Dionisio la ricuperasse poco prima della sua morte con le armi, è probabile ch'essa ricadesse tosto sotto il dominio di Cartagine.
L'Alico (c il Platani), fissato come confine orientale del dominio cartaginese in Sicilia dal trattato del 383 av. G., pare abbia continuato ad essere generalmente riconosciuto nonostante le interruzioni temporanee e fu stabilito di bel nuovo qual loro limite dal trattato con Agatocle nel 314 av. C. Quest'ultimo trattato stipulò espressamente che Selino, del pari che Eraclea ed Imera, avrebbero continuato ad essere sottomesse come in addietro a Cartagine.
Nel 276 av. C. però, durante la spedizione di Pirro in Sicilia, i Selinuntini si sottomisero volontariamente, dopo la presa di Eraclea, a questo monarca (Diod., xxii, 10).
Durante la prima Guerra Punica noi ritroviamo Selino sottomessa a Cartagine e il suo territorio divenne reiteratamente il teatro di operazioni militari fra le parti contendenti. Ma prima del termine della guerra (circa 250 av. C.), quando i Cartaginesi cominciarono a restringere le loro operazioni ed a limitarsi alla difesa del minor numero di punti possibili, essi trasportarono gli abitanti di Selino a Lilibeo e distrussero la città (Diod., xxiv, p. 506).
Egli par certo che essa non fu più riedificata. E il vero che Plinio fa menzione del suo nome (Sclinus oppidnm, in, 8, s. 14) come se esistesse ancora quale città ai tempi suoi; ma Strabone l'annovera distintamente fra le città al tutto estinte e Tolomeo, quantunque faccia menzione del fiume Selino, non ha notizie della città omonima (Strab., vi, p. 272; Tolom., in, 4, § 5).
Le Thermae Selinuutiae, che derivarono il loro nome dall'antica Selino e pare fossero molto frequentate al tempo dei Romani, erano situate ad una distanza ragguardevole da quella città, essendo senza alcun dubbio identiche alle odierne di Sciacca di cui toccheremo più qua. In uri periodo posteriore furono chiamate Aquac Labodes o Larodes, sotto il qual nome trovansi negli Itinerarii (Itin. Ani., p. 89; Tal. Petding.). Distavano 64 chilometri da Agrigento e 74 da Lilibeo; distanze che concordano con quelle di Sciacca la quale è situata, come abbiamo detto, a circa 32 chilometri a est dalle rovine di Selinunte.