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La Patria. Geografia dell'Italia
Sicilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1893, pagine 684

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arte Quinta — Italia Insulare
   bevanda. Vi si scorgono ancora avanzi degli antichi canali e bagni. In vetta al monte (la cui salita dura un'ora e mezza) a sinistra giacciono, sotto l'orlo orientale, i bagni a vapore detti le Stufe di San Calogero, ove da molte screpolature del monte esalano caldi vapori acquei adoperati per sudorifici in primavera, sul finire dell'estate e al principio dell'autunno. Nella principale grotta vaporosa veggonsi alcuni sedili tagliati nella roccia con geroglifici illeggibili, probabilmente avanzi d'iscrizioni fenicie. Lo stabilimento balneario (attribuito dalla favola al fuggiasco cretese Dedalo or fa più di 3000 anni, ed in cui Minosse, il celebre re di Creta, fu proditoriamente asfissiato dalle figliuole di Cocalo, re dei Sicani) risale ai tempi fenicii. Il calore dei vapori giunge a 40° C.
   A metà strada incontrasi una grotta naturalo detta col nome saracenico Tahauu, colFiscrizione moderna, Grotta dì Diana e con un' eco sorprendente. In cima al monte, vasto e stupendo panorama, con veduta della fertile regione intorno a Sciacca, della montagna isolata detta Luna d: Oro a nord-est, della costa da capo Granitola sino oltre Girgenti e, nel lontano sud-ovest, dell'isola Pantelleria su cui sorgo un romitaggio sacro a San Calogero.
   Secondo il sacerdote Vincenzo Farina, autore delle Terme Sélinuntine, ossia Cenno della grotta vaporosa e delle acque minerali del monte San Calogero presso Sciacca, 1865, il monte Cromo, o San Calogero, sarebbe un vero vulcano incipiente al cui intiero sviluppo manca solo un cratere aperto che erutti, negli eccessi delle sue effervescenze, le materie in ebullizione entro le sue viscere. La sua vicinanza al mare e la sua forma terminante a cono lo farebbero ritenere tale se la sua costituzione geologica non fosse affatto diversa e cioè di natura calcarea. È evidente del resto che il monte racchiudo nelle sue viscere materie pirogeniche in latente deflagrazione che appalesasi nella emanazione quasi perenne dei vapori dalle screpolature, emanazione che tiene le veci di una valvola di sicurezza e senza della quale il monte sarebbe forse scoppiato a quest'ora in aperto vulcano attivo.
   Del rimanente che la regione intorno a Sciacca risenta di un vulcanismo latente è attestato da un fenomeno straordinario e relativamente recente..
   Nel luglio 1831, dirimpetto alla spiaggia di Sciacca, emerse improvvisamente dal mare un'isoletta detta da alcuni Nerìta, indi Giulia e in ultimo Ferdinandea. Era un vulcano submarino che poi scomparve sotto le onde. Fu vista la prima volta addì 8 luglio 1831 da un brigantino siciliano e il vice-ammiraglio inglese Hotbam vi mandò una nave, che ai 18 del medesimo mese, ne determinò l'altezza e il circuito. Fu visitata dal tedesco Iloffmann, dal geologo francese Constant Prevost, nel settembre, che ne trovò la circonferenza di 700 metri, l'altezza di 70 e ne predisse la prossima scomparsa. Il celebre Alessandro Humboldt ne fece argomento di una relazione all'Accademia delle Scienze di Parigi, e il prof. Cemmcllaro ne pubblicò uno studio negli Atti dell' Accademia Gioenia di Catania.
   A destra la costa del circondario di Sciacca s'incurva qua in golfi, là in cale, in ridossi e piccole rade ; indi s'inoltra nel mare con capi e punte sporgenti come a scaglioni, conterminando verso terra vasti terreni i quali s'innalzano e si abbassano alternatamente finche spianansi nel luogo ove sorgeva la palmosa Selinunte (dotto Torre dei Pulci) ove giacciono, atterrale dalla rabbia africana, le colonne dei templi famosi e sparsi in ampio giro i loro ruderi anneriti.