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l'arte Quinta — Italia Insulare
ma quando Xenodoco si avventurò in battaglia campale con Leptine e Demofilo, generali di Agatocle, toccò una grave sconfitta e fu costretto a chiudersi entro le mura di Agrigento. Lo stesso Agatocle tornò poco appresso dall'Africa e ricuperò in breve tutto quello che aveva perduto; il suo generale Leptine invase il territorio (l'Agrigento, sconfisse pienamente Xenodoco e costrinse gli Agrigentini a chiedere di bel nuovo pace (Diod., xx, 31, 32, 56, G2).
Dopo la morte di Agatocle, Agrigento cadde sotto il giogo di Finzia che ne divenne despota ed assunse il titolo di re. Poco sappiamo intorno il periodo del suo governo ma pare giungesse ad un alto grado di potenza posciacchc noi troviamo Agirio (San Filippo d Argirò) ed altre città dell'interno sottoposte al suo dominio, del pari che Gela ch'ei distrusse per fondare una nuova citià del suo nome. Il periodo della sua cacciata è ignoto, ma quando Pirro sbarcò in Sicilia troviamo Agrigento occupata da Sosistrato con un buon nerbo di mercenari, il quale si affrettò però a sottomettersi al re dell'Epiro.
Al principio della prima Guerra Punica, Agrigento sposò la causa dei Cartaginesi e permise persino al loro generale Annibale di fortificare la sua cittadella e di occupare la città con una guarnigione cartaginese. Per la qua! cosa, dopo essersi procacciata l'alleanza di Jerone di Siracusa, i Romani rivolsero i loro sforzi principali a sottomettere Agrigento e nel 2G2 av. C. i due consoli L. Postumio e Q. Mamilio posero l'assedio alla città con tutte le loro forze.
Codesto assedio durò quasi quanto quello dei Cartaginesi nel 406 av. C. e i Romani ebbero molto a soffrire a cagione delle malattie e della mancanza di viveri, ma maggiori ancora erano le strettezze e le privazioni degli assediati. Quando il generale cartaginese Annone, giunto con un grosso esercito in soccorso della città assediata, fu pienamente sconfitto dai Romani, Annibale, che comandava l'esercito entro le mura sentì ch'era impossibile resistere più a lungo e fuggì notte tempo con le truppe cartaginesi e mercenarie abbandonando la città al suo destino. Essa fu occupata immediatamente dai Romani i quali trassero in schiavitù 25,000 abitanti. L'assedio era durato più di sette mesi e vuoisi cagionasse ai vincitori la perdita di oltre 30,000 uomini (Diod., p. 501-503; Tour., i, 17-19; Zonar., vm, 10).
Ad un periodo posteriore della guerra (255 av. C.) avendo le perdite successive in mare affievolito grandemente la potenza romana in Sicilia, il generale cartaginese Gartalone riuscì facilmente a rioccupare Agrigento di cui atterrò le mura ed a cui appiccò il fuoco mentre gli abitanti superstiti ricoveravansi nel gran tempio di Giove Olimpico (Diod., I. c., p. 505).
Da quel tempo non vi hanno più notizie di Agrigento sino al termine della prima Guerra Punica quando passò sotto il dominio di Roma : ma essa dovette riaversi sino ad un certo grado dalle sue ultime calamità posciachè rappresentò una parte di non poca importanza quando la lotta fra Roma e Cartagine fu rinnovata nella seconda Guerra Punica.
In questa occasione la si mantenne fedele ai Romani, ma fu sorpresa e conquistata da Imilcone prima che Marcello potesse accorrere in suo aiuto (Liv., xxiv, 35) e divenne d'allora in poi il propugnacolo principale dei Cartaginesi in Sicilia resistendo al console romano Levino lungo tempo dopo che le altre città dell'isola eransi sottomesse. Da ultimo il numida Mutines, al cui coraggio congiunto alla perizia i Cartaginesi andavano debitori della difesa protratta, offeso dal loro generale Annone diede, nel 210 av. C., per tradimento la città nelle mani di Levino. I cittadini principali furono messi a morte e ì rimanenti venduti come schiavi (Liv., xxv, 40, 41, ecc.).
Agrigento divenne allora, in un con le altre città siciliane, sottomessa permanentemente a Roma, ma fu trattata con molto favore e godè di motti privilegi. Tre anni dopo la sua conquista il pretore Mamilio vi stabilì un buon numero di nuovi