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Parte Quinta — Italia Insulare
357 av. &, in Sicilia (Plut., Dione, 26), e dopo la vittoria di Tirnoleone nel 338 av. C., Gela, clrera allora assai scaduta, fu rinvigorita da un nuovo nerbo di coloni, composto in parte de' suoi antichi abitanti con l'aggiunta di nuovi, tratti dall'isola di Geo.
Codesta colonia pare rialzasse per qualche tempo Gela ad un grado tollerabile di prosperità, e comparisce nelle guerre di Agatocle quale città indipendente e potente. Ma ricevè poi un grave colpo da cotesto tiranno, il quale, nel 311 av. C., temendo sposasse le parti dei Cartaginesi, riuscì ad introdurre un corpo di truppe nella città ed uccise più di 4000 dei cittadini principali (Diod., xix, 71, 107). Di tal modo eì vi stabili il suo dominio, e dopo la sua grande sconfitta sd Ecnomo, si rifugiò con gli avanzi del suo esercito a Gela, ove potè sfidare gli assalti dei Cartaginesi.
Ma nel 309 av. C., quando gli Agrigentini inalberarono, sotto Xenodico, la bandiera dell'indipendenza e proclamarono la libertà delle città separate, i Gelani furono i primi ad unirsi ad essi e presero parte attiva alla loro impresa. Gela pare ricuperasse in quel tempo una gran parte dell'antica potenza e prosperità, ma nulla più sappiamo di essa durante il tempo di Agatocle, e quando il suo nome ricomparisce noi la troviamo sottomessa al governo di Finzia, despota di Agrigento,
il quale, volendo accrescere la città da lui fondata presso la foce dell'Imera e denominata Finzia (ora Licata) dal suo proprio nome, non solamente vi trasportò gli abitanti di Gela, ma ne demolì le mura e le case (Diod., xxnl 2).
È evidente che Gola più non si riebbe da codesto colpo ; noi troviamo, è il vero, in Diodoro una menzione incidentale d'una sua devastazione successiva pei Mamer-tini ; ma nella prima guerra Punica non occorre menzione alcuna della città, quantunque il territorio sia ricordato in un'occasione congiuntamente a Finzia,
Sotto il governo dei Romani però i Gelenses esistevano al fermo quale comunità separata (Gic., Verr., m, 43), e l'asserto di Cicerone che Scipione, dopo la presa di Cartagine, restituì loro le statue rubate (Verr., iv, 33), parrebbe provare che la loro città esisteva sempre. Vero è che Strabone ci dice che Gela era a' dì suoi disabitata (vi, p. 272), ed accoppia d suo nome a quelli di Gallipoli e di Nasso quali città affatto scomparse ; ina le sue espressioni non voglionsi pigliare alla lettera, ed il nome di Gela s'incontra sempre così in Plinio come in Tolomeo. Essa era però probabilmente un luogo scaduto e desolato a quel tempo, e in seguito non se no trova più traccia, perchè vi sorse un villaggio col nome di Eraclea.
11 sito di Gela diede occasione modernamente ad una viva controversia; parecchi scrittori locali la pongono là dove sorge ora Licata, alla foce del Salso, mentre il Cluvorio, seguitato generalmente dalle autorità più recenti, la colloca a Terranova, alla foce del fiume di Terranova (l'antico Gela), a circa 30 chilometri più a est. Tutti gli argomenti derivati dagli antichi stanno in favore di quest'ultima opinione, la quale puossi considerare come stabilita; l'unica prova in favore di Licata è il fatto (non ispregevole, a dir vero) che vi fu rinvenuta un'iscrizione onoraria col
Figr. GÌ. — Medaglia di Gela.