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La Patria. Geografia dell'Italia
Sicilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1893, pagine 684

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parte Quinta — Italia Insulare
   Diodoro dice espressamente (xi, 49) che Inaerà fu fortunata sì da scampare dai dis-sidii intestini, e questo buon governo dovette assicurarle non poca parte della prosperità onde godevano le città siciliane in generale durante il mezzo secolo successivo.
   Ma, quantunque ci si dica in termini generali che il periodo scorso da questa restaurazione di Imera alla sua distruzione pei Cartaginesi (461-408 av. C.) fu un periodo di pace e di prosperità, le sole notizie che troviamo di essa durante questo intervallo si riferiscono alla parte che prese durante la spedizione ateniese in Sicilia nel 415 av. C.
   In quell'occasione gl'Imeresi furono fra i primi a promettere il loro aiuto ai Siracusani : di che quando Nicia si presentò davanti al loro porto con la squadra ateniese, eglino ricusarono al tutto di riceverlo ; e poco dipoi Gilippo sbarcò ad Imera, donde marciò, a traverso l'isola, a Siracusa alla testa di un esercito composto in gran parte d'imeresi (Tucid., vi, 62, vii, 1, 58; I)iod., xiii, 4, 12).
   Pochi anni dopo la prosperità di Imera ebbe fine repentinamente a cagione della seconda grande spedizione cartaginese in Sicilia del 408 av. C. Quantunque l'oggetto ostensibile di essa, come già dell'ateniese, fosse soccorrere i Segestani contro ì loro vicini, i Selinunlini, tuttavia jion può cader dubbio che i Cartaginesi avevano mire più vaste; ed immediatamente dopo la distruzione di Seliiio. Annibale, figliuolo di Giscone, che comandava la spedizione, si affrettò a rivolgere le sue armi contro Imera, la quale era male apparecchiata alla difesa; le sue fortificazioni erano poco solide, ma i cittadini opposero una resistenza disperata e in una sortita vigorosa inflìssero grandi perdite ai Cartaginesi. Essi furono dapprima soccorsi da circa 4000 ausiliari siracusani sotto si comando di Diocle: ma questo generale fu colto da timor panico per la salvezza della sua stessa Siracusa, ed abbandonò precipitosamente Imera, lasciando gl'infelici abitanti a strigarsela ed a combattere da soli contro le forze cartaginesi preponderanti.
   Il risultato non poteva esser dubbio e la città fu tosto presa d'assalto : una gran parte degli abitanti fu passata a fil di spada e SOOO circa prigionieri furono messi a morte a sangue freddo da Annibale qual sacrifizio alla memoria del suo nonno Amilcare (Diod., xin, 59-62; Senof., Hell, i, § 37). Imera fu distrutta intieramente, i suoi edifìzi furono uguagliati al suolo e i tempii stessi non furono risparmiati, per intenzione manifesta del generale cartaginese di cancellare ogm traccia di una città il cui nome ricordava la grande sconfitta data da Gelone a' suoi concittadini.
   Diodoro, che narra la distruzione compiuta d'Imera, dice chiaramente che non fu più riedificata e che d luogo ove sorgeva rimase disabitato sino ai tempi suoi (xi, 49); sembra a prima giunta che a ciò contraddica il comprendere ch'ei fa altrove gli Imeresi, del pari che i Selinuntini e gli Agrigentini, fra gli esuli a cui fu concesso, pel trattato conchiuso con Cartagine nel 405 av. C., far ritorno alle loro case ed abitare le loro proprie città a condizione di pagar tributo a Cartagine e di non rialzare le distrutte fortificazioni (Ib., xm, 114). E par chiaro che molti di essi approfittarono di questa concessione, dacché noi troviamo in seguito gli Imeresi mentovati fra gli Stati che dichiararonsi in favore di Dionisio al principio della sua grande guerra con Cartagine nel 397 av. C. ; quantunque essi tornassero prontamente alla alleanza cartaginese l'anno seguente (Ib., xiv, 47, 56).
   La spiegazione di questa difficoltà ci è fornita da Cicerone, il quale ci dice che dopo la distruzione d'Imera gli abitanti sopravissuti alle calamità della guerra stabilironsi a Tkermae entro i confini del medesimo territorio e non lungi dalla loro antica città „ (Cic., Verr., u, 35). I cimelii antichi .n essa esistenti furono già trasportati al Museo, ove esistono : un piccolo trittico di epoca normanna, varii affreschi strappati con arte e portati su tela di pregio, vasi antichi, oggetti romani, monete,