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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Aquila - Chieti - Teramo - Campobasso
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 379

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   C1U
   l'arte Quarta — Italia Meridionale
   È ora ammesso generalmente che le monete con la leggenda Ihit appartengono ad Adria Picena, ina grandi sono i dispareri intorno alla loro antichità. < Son le monete più antiche (dice esagerando il Del Re) e le più rare del mondo anche a fronte di quelle di Gubbio, di Todi, di Volle tri e di altre città remote; monete rozze, pesanti e fuse, come apparisce, dentro modelli di creta prima che si trovasse l'arte del conio 5. Appartengono alla classe nota comunemente col nome (VJes Grave e sono infatti delle più pesanti, più ancora degli assi romani. Per tale cagione furono credute, come nel passo precedente di Giuseppe del Re, di un'antichità remotissima ed attribuite da alcuni agli Etruschi e da altri ai Greci; ma liavvi motivo di credere che esse 11011 Belio in realtà così antiche ed appartengano in realtà alla colonia romana posteriore, fondata prima della riduzione generale delle monete di rame italiche.
   Ma torniamo all'istoria successiva di Atri, la quale ebbe nell'evo-medio comune la sorte colle altre città italiane. Sfasciato il vecchio impero romano e caduta l'Italia in potere dei Barbari settentrionali, Atri fece parte, come Teramo e Castel San Fla-viauo, del ducato di Spoleto e passò quindi 111 dominio dei Franchi. Nel 1155, dopo la morte del gran re Ruggero, fu devastata da Roberto di Loretello, conte di l'assavìlla, il quale vi dominò, ili un co' suoi discendenti, sino alla line del secolo XII, finche, estinta la famiglia Loretello con Maria, moglie del re d'Ungheria, Atri passò successivamente 111 possesso dei Papi, degli Angioini e, per ultimo, della famiglia potentissima degli Acquaviva divisa 111 più rami.
   Non è qui il luogo di narrare tutte le vicende di Atri durante la signoria dei duchi di Acquaviva e vogliamo ne basti il dire che essi, ora vincitori ora vinti, per una discendenza di diciannove duchi regnarono 111 Atri sino al secolo XVIII. L'ultima che vi ebbe titolo e podestà di duchessa fu Isabella Strozzi; ma, avendo i principi di Colle e di Avellino rinunciato ai loro diritti sul ducato di Atri per 240.000 ducati sborsati dal regio Fisco con istruniento del 27 settembre 1775, Atri tornò al regio Demanio. Re Ferdinando 1 concesse, per favore speciale, il titolo di duca d'Atri al conte di Conversano, don Carlo Acquaviva d'Aragona.
   Memorabile nell'istoria d'Atri è l'episodio seguente. Nel 1315 il milite Riccardo di Atri, seguito da duo suoi figliuoli, da un gran ninnerò di personaggi coi loro vassalli, e da Bartolomeo di Ascoli ed alla testa di cinquecento armati, accese guerra civile in Atri, mettendo a ferro e a fuoco le case di coloro ch'eransi più segnalati per devozione e fedeltà a re Roberto d'Angiò, ferendoli e trucidandoli. Delle loro case ventisette furono consunte dalle fiamme ed altre manomesse. Fatto avvisato di queste -violenze, Roberto ordinò, il 25 novembre 1315, a Gentile Orsini, giustiziere del Regno, di muovere tosto contro quei malfattori e di punirli severamente e porre fine nelFistesso tempo alle turbolenze frequenti nelle provincie abruzzesi insofferenti ognisenipre della signoria Angioina. Nel 1528 le truppe di Lautreck la devastarono 111 gran parte e vi introdussero la peste.
   Il Cristianesimo fu introdotto in Atri sin da tempi remotissimi. Primo vescovo d'Atri fu certo Bernardo eletto dal capitolo Atriano e non, come vorrebbe l'Ughelli, da papa Bonifacio, il quale altro 11011 fece che approvarne l'elezione l'I! aprile del 1302. Questo vescovo governò le due diocesi di Atri e Penne sino al 4 gennaio 1321, giorno della sua morte avvenuta in Atri. Nel 132G Clemente VI] diede la Chiesa atriana per suffragane! a quella di Chieti innalzata al grado di metropolitana; ma Paolo III Farnese, suo successore, per raccomandazione di Ottavio Farnese, duca di l'arma, e di sua moglie Margherita d'Austria, con Bolla, inviata da Roma nel 1539, appagò i desiderii dei cittadini, rendendo Atri e Penne soggette immediatamente alla Santa Sede.
   Dal predetto Bernardo sino al presente la Chiesa d'Atri fu governata da una serie non interrotta di ben cinquantun vescovi, 11011 pochi dei quali cospicui per santità e per dottrina.