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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Aquila - Chieti - Teramo - Campobasso
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 379

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Vasto
   217
   quindi rovinata dall'esercito franco (1). Nel medesimo secolo Ungheri e Turchi irruppero più volte sull'antica città frentana, sino a che completamente la distrussero.
   \spra. — Sembra che in tempo molto lontano la Punta della Penna, che formava il braccio destro dell'antico porto di Buca, s'internasse maggiormente nel mare e che alla estremità di essa sorgesse una città chiamata Aspra, sommersa poi per ignoto cataclisma. Ciò spiegherebbe come, alla distanza di 3700 metri dalla detta Punta della Penna, ad una profondità variabile da GÌ a 64 metri, si rinvengano tuttora dei resti di antiche mura. Nell'aprile e maggio d'ogni anno i marinai vastesi si recano all'Aera e, disponendo in una sola fila le loro paranze, nei giorni di pesca abbondante, prendono con le reti centinaia di quintali di piccoli pesci, detti volgarmente pésce mènnele (2), i quali di preferenza si trovano nel vano compreso fra i ruderi di una strada della sommersa città.
   Palazzo della ['cuna. — Questo palazzo, edificato sulla pianura della Penna da Tnnico D'Avalos nel 1615, fu certamente il più splendido editizio rurale posseduto dai marchesi del Vasto, ila la forma ili un castello con quattro piccoli bastioni agli angoli, ed è cinto da mura (3). I D'Avalos vi ammassarono tesori artistici inestimabili; ma per le continue irruzioni dei Turchi nel XVII e XVIII secolo (4) lo splendore del luogo andò scemando; e, quasi diruto nel 1835, fu acquistato e restaurato da Giuseppe Antonio Itulli.
   Canale. — Deliziosa villa dei D'Avalos in riva al mare, cinta per tre miglia da muro, del quale tuttora si veggono gli avanzi. Le molte acque che ivi sgorgavano animavano graziose fontane, adorne di marmorei busti. Oggi così bel luogo è tutto in rovine.
   CENNI STORICI
   Le origini non bene definite dell'antica Istonio, oggi Vasto, sono state ricercate, studiate, dedotte da molti storici che di questa terra si occuparono, i quali, come suole in simili casi per ogni cosa non certa avvenire, volendo ciascuno portare lumi nuovi con la scorta di dati tradizionali spesso immaginari o di documenti di molto dubbia attendibilità, finirono col rendere oscura del tutto questa origine, che pure lasciava qualche spiraglio che poteva condurre a poco a poco alla vera luce.
   Fra tanta abbondanza di opinioni può, secondo noi, più ragionevolmente accettarsi quella che attribuisce l'origine primitiva di questa terra a Diomede, re di Etolia, il quale, tornato in patria dopo l'assedio di Troja, in cui ebbe parte attivissima, ed accortosi che la moglie Egialea lo tradiva, anziché consumare vendette, si esiliò volontariamente. Giunto nell'Italia meridionale vi fondò Venosia, Canusio, Pene vento, ecc., e nell'Adriatico s'impossessò delle isole di Tremiti, che da lui presero il nome di Diomedae bisulae. Ora, Diomede, oltre alle suddette ed altre città, avrebbe, secondo l'opinione dei più, fondata anche Istonio, che doveva in seguito diventare città spaziosa ed illustre, culla di eletti ingegni, eccelsi per virtù, arte, scienza e valore.
   Nessuno certo crederà che Diomede personalmente abbia assistito alla erezione delle città che la leggenda gli attribuisce; ma è chiaro che i Traci, con lui d'Ftolia qui convenuti, accresciuti man mano da altri popoli che da loro venivano sottomessi, o che per vaghezza di nuove avventure spontaneamente li seguivano, non si fermarono tutti in un luogo solo, ma sbandati qua e là in cerca di stanza e di cibo, stabilendosi nei luoghi che ai loro bisogni sembravano propizii, costruirono, in località adatte,
   (1) Fella, Chron.ver. Anxan., cap. 9, pag. 59.
   (2) Questi piccoli pesci dell'ordine dei Teleostei, famiglia Acantoterigi, vengono distinti dagli ittiologi co-nome di Smaris Valgaci.
   (0) L. Marchesa*), Storia di Vasto, pag. 234.
   (1) D. Maciano, Cronaca.
   28 — La l'iurta, voi. IV, parte 2».