Stai consultando: 'La Patria. Geografia dell'Italia Provincie di Aquila - Chieti - Teramo - Campobasso', Gustavo Strafforello

   

Pagina (173/386)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (173/386)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Aquila - Chieti - Teramo - Campobasso
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 379

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Mandamenti e Comuni del Circondario di Lanciano
   107
   ha maturalo per la medesima il primo seme della decadenza. Imperocché la hicca risoluzione di guerra che vi fu fatta ebbe poco appresso la sua esecuzione. Barbarossa, nel 1155, discese realmente in Italia, ed il I.oreLello trasse alla ribellione, la maggior parte del Regno; benché, per la fortuna delle anni di Guglielmo, non riuscisse nell impresa. Fuoruscito, tornò a molestare con iscorrerie frequenti i luoghi dello Abruzzo, fra il Tronto e la Pescara, avendo a conno-stabile il conte Riccardo di filandra, clic fu catturato dall'esercito regio. E più tardi, ripetutamente, vi rinnovò le escursioni; vinto pel valore di Stefano, ammirato regio; l'ultima fu del PIGI, in cui rioccupò molti castelli, apportando calamità e danni ai popoli Nel 1209, altre devastazioni e rtiir.c di edilìzi con morti di abitatori, provennero dagli armati di Ottone IV, entrato nel regno a portare la guerra contro il papa Innocenzo III.
   Ma le maggiori distruzioni si verificarono nel periodo corso dal 1339, in cui cominciarono le Compagnie d'anni, sino al 1550 sotto Filippo 11 di Spagna, quando contro di lui furono accampate le ultime pretese della Francia al dominio di Napoli. La fiacchezza, la depravazione, la discordia delle Case regnanti, i dissidii tra papi ed antipapi, l'ingerenza straniera, la tirannia feudale, l'ignoranza e la miseria delle popolazioni, facevano mancare quasi del tutto il beneficio del civile ordinamento, predominare l'arbitrio e la forza brutale.
   Lodrisio Visconti fu il primo ad istituire una compagnia d'armati, che fu detta di Sun Giorgio, da cui hanno tolta la denominazione tante altre posteriori. Erano masnade, composte per lo più di malviventi, che si raccoglievano fuori d'ogni legge sotto la dipendenza di un capo e che moltiplicandosi hanno formata la rovina di Francia e d'Italia; essendo la potestà pubblica spesso connivente, e quasi sempre impotente a mettervi rimedio. Fra le più notevoli furono quelle di Malerba e di Guarnieri, che risultarono dallo sbandamento dei soldati tedeschi dopo la pace tra Pisa e Lucca nel 1342; l'altra del masnadiere Fra Miniale, formata d'Ungheresi, a seguito dell'accordo fra Ludovico d'Ungheria e Luigi di Napoli, quelle comandate successivamente dal conte Landò e l'altra dal conte Alberico de Barbano, il quale fu maestro d'armi dei famosi capitani di ventura Sforza e Braccio da Montone.
   Di Pescara risulta particolarmente, che gli scherani del conte Landò la incendiarono e la taglieggiarono nel 1355 e nel giovedì santo del 1302 la rioccuparono; e che nel 1381 vi ha fatto lunga dimora parte della grande Compagnia di San Giorgio comandata dall'Alberico, la quale, nell'atto che Iìainaldo Orsini di Tagliacozzo, costituito signore di Pescara, era andato a prendervi possesso, senza recare le paghe ad essa competenti, commise anche su lui l'eccesso di chiuderlo in una torre e farvelo rimanere quattro mesi.
   A tale si ridusse la città, che, con sovrani diplomi (menzionati in una sentenza della Commissione di Xa-puh per la eversione della feudalità), uno di Renato
   del I giugno 13-12, due di Lodovico del 1° dicembre 1319 e 24 settembre 1303 e l'ultimo della reggente Margherita, moglie di Carlo III di Purazzo, del 21 dicembre 1384, l'Università di Pescara fu dispensata dal pagamento dei pesi e delle collette fiscali, essendo addivenuta misera e disabitata.
   Nel generale sconvolgimento, l'incertezza e la mutabilità dello Stato erano cagione di miseria e d'oppressione anche pei signori, i quali gareggiavano di astuzie e di prepotenze per scavalcarsi a vicenda ; e, sostituendosi, sovrapponevano, a tirannia, tirannie sempre maggiori. Nelle discordie per le successioni al trono, spesso rinfocolate dalla invadenza pontifìcia, i baroni si dividevano in fazioni contrarie, al servizio dell'altrui c della propria ambizione; ovvero con dispregio della potestà regia si guerreggiavano a vicenda ; sicché frequenti e contraddittorie erano nei feudi le investiture, siccome non rare le usurpazioni.
   La città di Pescara, benché stremata, era sempre molto ambita per la sua importante posizione doganale e strategica, ed ha quindi, più che altre, subito le vicende dei cambiamenti c delle guerre. Nel 1381, al tempo dei contrasti tra Giovanna I d'Angiò ed il nipote Carlo III di Durazzo che poi le successe, Pescara, dalla nominata regina venne data in premio a quel Rainaldo Orsini clic è poc'anzi ricordalo. Vi era allora il munimeiito almeno d'una torre, dove, come si sa, venne Iìainaldo rinchiuso dai suoi stessi scherani. Per contrario nel 10 novembre di tre anni dopo, rimasto il sopravvento al Durazzo, questi ne investiva tal Corrado di Pagano.
   Nel 1390 Luigi 11 ili Taranto, che, con l'aiuto di Francia contendeva il reame al minorenne Ladislao figlio di delto Duraz.zo, condusse a capitano Luigi di Savoia, figlio di Filippo conte di Piemonte ; ed a lui gratificò le città di Orlona, di Civita Sant'Angelo e Pescara, e le terre di Francavilla, Bucchianico e Pianella. Ed a sua volta Ladislao, raggiunta la maggiorità, conferì Pescara al suo vicario Francesco del Borgo, volgarmente Cecco del Cozzo unendovi il titolo di marchese, di cui per la prima volta si faceva uso nel regno. È notevole ciò che ili questo nuovo investito ha lasciato scritto l'autore dei burnitili Napolitani: « Nel 1409 inori Cecco del Cozzo marchese di Pescara e conte di llonleodorisio, che fu viceré di mito l'Abruzzo dieci anni. Costui fece fare la cittadella e la torre in mezzo la piazza ; e fu savio uomo e per sue virtù assai caro al re suo, che di lui si avvalse nei consigli come uomo di eloquenza e di mente.
   La figlia Giovaimella, sua unica erede, maritata, a Francesco d'Aquino conte di Loreto, fu lo stipite muliebre della Casa d'Avalos, cui infine è rimasto definitivamente il marchesato, e che ha dalo alla storia patria nomi gloriosi : Alfonso, valoroso generale, morto per tradimento nel fiore degli anni e della gloria, celebrato da Bernardo Tasso nel suo poema dcllVl;»«-dici; Fernando, marito della grande Vittoria Colonna, anch'esso capitano di grido, impegnato lungamente pel' Carlo V contro la Francia nelle guerre di Lombardia e morto per ferita riportata nella battaglia di Pavia;