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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Aquila - Chieti - Teramo - Campobasso
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 379
Chieti
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Sotto i Longobardi, Teate divenne capo di un gastaldato, facente parte del ducato di Benevento, e al tempo di Grimoaldo III fu assediata e presa da Pipino, figliuolo di Carlo Magno, il quale vi mise a morte ben 32.200 abitanti, imprigionò e mandò in Francia il governat ore Rosei ino e s'impadronì della regione compresa fra il l'escara e il Sangro, che pose alla dipendenza del ducato di Spoleto. A breve andare 'Peate fu riedificata in parte ed eretta in contea, che si estese poi sino al Fortore. I suoi dinasti, continuarono ad essere di stirpe longobarda ; finche Ugone Malinozzetto, normanno, estese la conquista nelle contee di 'Peate e di Penne per Goffredo, conte di Capitanata, il quale istituì, a favore di Roberto suo figliuolo, il contado di Loretello, che si dilatò in breve dal Fortore alla Marca di Camerino, detta poi Marca d'Ancona. Narra il Bindi cli'ei prese il titolo ili duca di Teate, titolo assunto poi da suo fratello Roberto Guiscardo, già duca di Puglia e di Calabria, il quale ristanrò Teate, la forti fico, l'abbellì di fabbriche e di monumenti ed, allettato dall'amenità del luogo, l'elesse per sua dimora temporanea, il che accrebbe la popolazione con famiglie normanne ed indigene dei luoghi convicini. Chieti fu proclamata capitale degli Abruzzi e tale si rimase durante la signoria degli Svevi, Angioini, Durazzesclii, Aragonesi ed Austriaci.
Spenti gli Svevi per opera di quattro papi e succeduti gli Angioini sul trono del reame di Napoli, Carlo I concesse a Rodolfo di Cortiniaco, suo consanguineo, il contado teatino con varie terre e città. Durante il regno di Carlo 1 d'Angiò Teate fu accresciuta di varii quartieri e le famiglie crebbero da 500 sino a 1500. Di mano in mano i successivi sovrani Angioini concessero alla città privilegi e largizioni.
Maggiori ancora furono t favori e le beneficenze che ricevè Teate dai principi aragonesi in guiderdone della fedeltà costante e dei gravi danni sofferti in difesa dei loro diritti. Alfonso I la elesse metropoli e capo delle provincie Citra e Ultra (di qua e di là del Pescara), in cui eia stato ripartito l'Abruzzo, la destinò a residenza di un viceré con amministrazione speciale del regio patrimonio e concesse altri privilegi confermati dal figliuolo suo Ferdinando I, il quale l'arriccili di varii feudi e castelli e la pose in possesso della quinta parte usurpata della Majella, rimunerando particolarmente alcuni fra i più preclari abitanti. V'ha chi afferma che Teate cominciò allora a chiamarsi Chieti.
Quando Carlo Vili conquistò in meno di tre mesi il reame di Napoli, trattone poche fortezze, ignorasi se Chieti si arrendesse senza difesa; è noto però che venne presa in considerazione, stante che ottenne privilegio di battere moneta, uno dei più gelosi diritti dei principi. Le quattro varietà delle monete di rame coniate sotto Carlo Vili e quelle d'argento furono riprodotte ed illustrate da V. Lazzari nella sua opera intorno alle Zecche e monete degli Abruzzi. In esse, la leggenda più comune è Civita* Teatina.
Il 2G dicembre del 1648 Chieti fu venduta dal R. Fisco per la somma di 170.000 ducati a I). Ferdinando Caracciolo, duca di Castel di Sangro; ina i cittadini opposero strenua resistenza, di che nacquero tumulti che trasmodarono in vere sedizioni, narrate per minuto dal Nicolini nella precitata il istorili della città di Chieti (Napoli 1657). Ma il 31 agosto del 1647, mediante i buoni uffici di I). Michele Pignatelli, governatore nell'Abruzzo, e a condizione di sborsare 20.000 ducati in rate annuali, con pubblico solenne istrumento, Chieti ricuperò tutti i privilegi, immunità e favori di cui godeva in addietro e tornò a far parte del R. Demanio.
Coll'andar del tempo le angherie, i balzelli, le estorsioni, le scorrerie dei banditi travagliarono Chieti, la quale, stanca di sì mal governo, si ribellò agli Spagnuoli nella guerra di successione e si dichiarò in favore di Carlo VI d' Austria. Ma la sua condizione non migliorò che sotto Carlo III di Borbone, col quale incominciò a seguire le sorti comuni a tutto il reame di Napoli, finché crebbe modernamente a gran floridezza.
Antichissima è la sede vescovile di Chieti ed una pia tradizione ne fa risalire la origine ai primi tempi della Chiesa, dichiarandone primo vescovo Sant'Antimo di