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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Bari - Lecce - Potenza
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 396

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Taranto
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   esterno, prese parte al blocco della fortezza, vettovagliando nell'istesso tempo l'esercito cartaginese assediante.
   Per circa tre anni M. Livio rimase così assediato nell'acropoli tarantina; tinche, nel 209 av. C„ dopo che la ripresa di Capita ebbe respìnto definitivamente Annibale ed i Cartaginesi lungi da Roma, il vecchio Fabio, per compiere la sua carriera gloriosa, deliberò ili accingersi alla riconquista di Taranto.
   II celebre temporeggiatore romano (Fabius Cnnctator), la cui prudente accortezza aveva salvato la Repubblica nel suo supremo pericolo, divenne in questa occasione audace e precipitoso. Occorreva anzitutto allontanare Annibale da Taranto. Il corpo d'esercito stanziato a Reggio ebbe ordine di adescarlo devastando il Rruzio. Non sì tosto partito Annibale 111 soccorso dei suoi alleati, Fabio sbarcò a sud di Satuvium (distretto in vicinanza di Taranto), s'impadronì ili Manduria, ove fece iOOO prigionieri e si presentò davanti a Taranto, sguernita quasi di truppe. Correva un'intesa od accordo segreto fra i Romani ed un corpo di liruzii, che l'ormava parte della guarnigione. Costoro si fecero atlidare la guardia di una delle porte esterne del continente e la schiusero nottetempo a Fabio, mentre Rainocratc, con le schiere tarantine, avviavasi verso la cittadella per respingere una grande sortita di M. Livio. 1 Romani erano già nella citta, con forze di gran lunga superiori, quando fu scoperto il tradimento. Si appiccò nelle strade un combattimento, durante il quale una gran parte della città fu incendiata ed in cui i tre capitani dei Tarantini. Xicone, Damocrate e l ileniene perirono valorosamente, combattendo col cartaginese Cartalone.
   I Tarantini si difesero coll'energia della disperazione e fu d'uopo conquistare un quartiere dopo l'altro, una casa dopo l'altra. In questa battaglia suprema, scrive il Lenorniant, in cui Taranto si mostrò all'altezza di Sagunto, orrenda tu la carnificina dall'una e dall'altra parte, posciaehò non si dava quartiere. Finalmente, caduti che furono gli ultimi difensori armati della libertà tarantina, Fabio inesorabilmente abbandonò l'infelice città al furore della sua soldatesca. Nulla sfuggì al saccheggio e agli oltraggi. I    Annibale frattanto, avvisato, davanti Caiilonia, dello sbarco di Fabio, accorreva a marcie forzate in soccorso di Taranto. Non ne distava più che 40 stadi (circa 10 chilometri), quando apprese dai fuggiaschi, scampati all'eccidio, che la città era stata presa durante la notte. Nulla potendosi più tentar da quel lato si ripiegò su Metaponto.
   Dopo il saccheggio i castighi regolari. Taranto fu trattata quasi non men crudelmente di Capua. Tutti i senatori che non erano periti combattendo e ch'erano avversi ai Romani, furono prima flagellati e poscia decollati; 30,000 cittadini furono venduti come schiavi e parecchie altre migliaia cacciati in esilio, dopo la confisca dei loro averi, o trasportati nell'Etniria. Furono atterrate e spianate le fortificazioni della città, ili cui una gran parte rimase deserta e in rovine. Le statue principali dei tempii furono trasportate a Roma, fra le altre VErcole di Lisippo e la Vittoria, d'ignoto scalpello, di cui Cesare doveva poi fare l'ornamento più bello della Caria Julia. I tesori di codesti tempii ebbero la stessa sorte, in un coi dipinti preziosi che e rami dedicati. 1- ti però necessario, per difetto di mezzi ili trasporto, lasciar sul luogo la statua colossale di Giove di Lisippo, alta 40 cubiti. Oltre di ciò Fabio, per un sentimento superstizioso, ordinò ai suoi soldati di non porre la mano sopra alcuna delle statue rappresentanti gli dei dell'Olimpo in attitudine minacciosa, dicendo: Lasciamo ai Tarantini gli Dei sdegnati.
   Taranto rimase ridotta al terzo della sua popolazione e non e cavi più a temere che rialzasse il capo. Sulla proposta di Fabio, che la teneva abbastanza punita di
   117 — l.a Patria, voi. IV.