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in campo non solamente un corpo ragguardevole «li cavalleria, ina anclu- ima grossa falange di fanteria pesante, detta i Lnu-iis/ihii, dai Im o scudi bianchi, h quando l'ino abbandonò repentinamente l'Italia per ire in cerca di fortuna iu Sicilia, furono le milizie tarantine che sostennero il peso principale della continuazione della guerra nel paese dei Sanniti; dacché le guarnigioni eprrote. lasciate a Tannilo ed a Locri sotto il comando di Milone e di Alessandro, figliuolo di l'i ito, si ristrinsero ai I occupare queste due citta senza uscir fuori, tranne mia volta sola per coprire Crotone.
Disgustato in breve delle vicende siciliane, ove aveva per altro ottenuto splendidi successi, Pirro tornò iu Italia, ove fu sconfitto a Benevento da Curio Dentato. Il ri! dT.piro tornò a Taranto con ini residuo di soli S'OtiO nomini, degli 80.000 che aseva fatto schiacciare dai Romani. Dopo di aver temila a bada con belle promesse i Tarantini. parli nottetempo per far ritorno in Kpiro, lasciando Milone con un corpo d'Epiroti nella cittadella.
Morto Pirro sotto le unirà di Arso, Milone, corrotto dall'oro, introdusse i Romani nella fortezza clic consegnò loro in un coll'arsenale e s'imbarcò coi suoi soldati pei lar ritorno in Epiro. Taranto cadde cosi in potere di Roma, la rjnaie le lasciò le sue leggi, con una libertà nominale sotto il titolo di Città federata, ma imponendole una enorme contribuzione di guerra, togliendole anni e naviglio, atterrando le sue fortificazioni e ponendo una legione in guarnigione permanente nell'acropoli.
11 bottino fatto in Taranto fu così enorme, clic il corso dei metalli cambiò improvvisamente in Roma; e fu per tal cagione che il Senato si risolvette a far coniare per la prima volta moneta d'argento.
Dopo la famosa battaglia di Canne, che abbiamo descritta in addietro, molti Tarantini furono rinvenuti fra i prigionieri dell'esercito romano. Annibale li pose tutti in libertà e li rinviò colmi di rioni, incaricandoli di dire che avrebbe restituita l'indipendenza a Taranto se si dichiarava per lui. L'anno seguente, dopo aver indarno tentato d'impadronirsi per sorpresa di Neapoli e di Clima, Annibale, che aveva bisogno assoluto di un porto per comunicare con Cartagine e riceverne soccorsi, si presentò innanzi a Taranto, di bel nuovo fortificata durante la prima Guerra Punica. Egli stette per pochi giorni a campo al Gallese, sperando che la città gli avrebbe schiuso le porte. Ma l'alleanza coi Cartaginesi ripugnava ai Greci, finché un atto di crudeltà commesso a Roma, nel 21 2 av. C., contro tredici giovani tarantini di nobil sangue, spinse i loro concittadini in braccio ai Cartaginesi, i quali furono introdotti nella città, dopo l'uccisione delle guardie romane alle porte. Tutti i Romani nella città furono messi a morte; ma il pretore M. Livio riuscì a rinchiudersi nella cittadella con la maggior parte dei legionari.
Annibale tenne parola ai Tarantini e restituì loro tutti i diritti dell'autonomia più compiuta. Senonchè la cittadella non aveva seguito l'esempio della città ed era sì forte e ben munita che occorreva un lungo assedio per impadronirsene. Annibale si contentò di bloccarla, costruendo a tal uopo una linea poderosa di fortificazioni e fu allora che, volendo trarre profitto del naviglio tarantino, deliberò di farlo trasportare nel gran golfo, facendolo passare attraverso l'istmo poco alto che rannodava la cittadella al continente. L'operazione riusci e la squadra tarantina, ancorata nel porto
Fig. III). — Medaglie di Taranto.