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proprietà trasmissibili degli occupanti, e gli occupanti dei terreni loro assegnati per pascolo furono riconosciuti proprietari di rodesti terreni, pagando un canone fisso in proporzione ni quantitativo ilei loro bestiame; i ranoni però, del pari che gli oneri fendali, pagabili sopra ogni specie di terreni, erano redimibili a scelta dell'occupante.
Nal 1817, due anni dopo la restaurazione ili re Ferdinando, l'antico sistema fu ristabilito in parte. I terreni furono tolti a coloro che ne erano stati posti in possesso dieci anni addietro, ed i canoni e gli oneri furono dichiarati irredimibili. Questi ranoni ed oneri, pagati alla Corona sotto l'ultimo dei Borboni, vuoisi ammontassero in media a più ili 2 milioni all'anno.
Dopo l'annessione dell'ex-reame ili Napoli al Regno d'Italia, la legge del 2G febbraio !SGf) abrogò l'editto borbonico del 1817 e furono sciolti di bel nuovo i vincoli liscali, abolito il pascolo obbligatorio; mentre, in ordine alle consuetudini pastorali dei pascoli spontanei e delle emigrazioni periodiche, le cose rimangono a un dipresso com'erano prima.
< F così il pascolo obbligatorio — osserva il precitato Gregorovius - è destinato a cessare, i trattin i dovranno scomparire, i fittaiuoli divenire proprietari e trasformarsi in agricoltori i pastori. Questa trasformazione, coniechè giri effettuata in parte, ha incontrato alcune obbiezioni e grandi difficoltà. Una serie intiera di scritti fu pubblicata sull'argomento, della quale voglio mi basti citarne qui due soltanto: Studi e proposte sulla legge d'affrancamento del Tavoliere di Puglia del deputato Giuseppe Andrea Angeloni (Napoli 1872) e 11 Tavoliere di Puglia, ovvero L'Avvenire economico-industriale d'Italia e di Germania dell'ing. Consolini (Napoli 1872), che è un programma e uno statuto di una banca di credito internazionale dedicata al principe di lìismarck. Ainbidue gli scritti difendono l'abolizione della pastorizia compulsoria; ma non mancano altre voci, le quali si sono levate e si levano tuttora contro il progetto del Governo italiano. Per tal modo, nel giornale italiano L'Unità Nazionale di Napoli del 1° luglio 1874, fu pubblicato un articolo notevole sulla Soppressione dei fratturi, in cui lo scrittore dimostra come questo provvedimento sarà la rovina della pastorizia nell'Italia meridionale, da cui la stessa agricoltura non potrà non rimanere colpita e come ne verrà fuori un vero caos di violazioni di diritti acquisiti, di vertenze e di liti >.
Oggi il Tavoliere è coltivato per una terza parte. I centri abitati sono rari e situati a grandi intervalli gli uni dagli altri. Nessun albero allieta con la sua ombra, durante i calori estivi, le immense pianure che si estendono a perdita d'occhio dalle ultime pendici degli Apennini alle falde del montuoso Gargano.
La coltivazione si va intanto addentrando vieppiù sempre nel Tavoliere. Già in alcuni poderi sorgono case campestri, o fattorie, con stalle, ovili, pozzi, canali di prosciugamento, chiuse e altri siffatti fabbricati campestri. L'impiego delle macchine agricole vi si va rapidamente diffondendo, in modo da imprimere all'industria agraria un carattere, di vero progresso. Oltre di ciò in parecchie regioni e segnatamente nei territori di Cerignola, Trinitapoli e altri centri abitati verso la provincia di Bari, amplia-ronsi assai gli uliveti, i vigneti ed altre colture. Col latte delle mucche, pascolanti nel Tavoliere, si fabbrica il cosidetto Caciocavallo (cacio a cavallo).
Quando nel 1873 incominciò la crisi granaria, si pensò di dare grande sviluppo all'industria enologica, ed un solo proprietario, il Pavoncelli di Cerignola, ex-ministro dei Lavori Pubblici, trasformò in vigneti circa 2500 ettari di terreno, per l'avanti tenuto a pascolo, o seminato a grano. I suoi stabilimenti enologici sono d'una grandiosità insuperata e rimettono oltre 100,000 ettolitri di vino, cioè quanto ne rimette l'Australia, e più di quanto ne rimette la Serbia.
Senonchè l'agricoltura incontra non lievi ostacoli al suo -sviluppo nelle devastazioni cagionate dai fiumi e torrenti che solcano il Tavoliere, come l'Òfanto, il Fortore,