PUGLIE
{fonti/inazione)
PROVINCIA DI FOGGIA
(CAPII \X \ T A )
IL TI VOLLE» E DELLE PUGLIE
jvpS&o»! chiamasi, com'è nolo, la grande pianura in mezzo alla quale giace Foggia, capoluogo della provincia omonima, conosciuta anche coll'antico nome di Capi-taHata. Misura all'incirca 500,000 ettari di superficie, avendo in media circa 100 chilometri di lunghezza e 00 di larghezza, ed occupa oltre la metà della provincia di Foggia.
Il Tavoliere trovasi fra il basso Fortore ed il basso Ofanto, fra il Candelaro e l'Adriatico ad est e le falde dei monti ad ovest, e stendesi in direzione da nord-ovest a sud-est. Dalla sua t'orma piatta, a ino'di tavola, addimandossi Tavoliere quell'immensa pianura quasi senza alberi, arsa ed arida nell'estate e vestita tutta d'erbe lussureggianti durante il verno; con acque disalveate e vaganti, riserbate unicamente alla pastorizia, laddove un buon governo delle acque ed una diligente cultura potrebbero convertire in un giardino delle Esperidi quell'ampia distesa, fertilissima per natura. In mezzo ad essa giace Foggia, centro delle strade provenienti a sud dalla regione pugliese, a nord dall'Italia centrale e settentrionale e ad ovest da Napoli.
Il terreno del Tavoliere si compone di uno strato sottile di terra vegetale, profondo ed opulento in certi punti, con sotto una crosta calcarea in parte e in parte un letto profondo di ghiaia, ovvero di sabbie del periodo pliocenico più recente. Secondo i geologi il Tavoliere era, anteriormente all'epoca quaternaria, occupato dalle acque del mare Adriatico. Quella grande superficie venne poi colmata ed alzata da detriti dei monti, trasportati al basso dai fiumi e torrenti.
Sin dai tempi più remoti i pastori sannitici costumavano scendere nel verno al Tavoliere per pascolarvi i loro greggi. I Romani imposero un tributo sul diritto di pascolo, e questo diritto continuò ad essere riscosso dai Longobardi, dai Greci e dai Normanni, con privilegi particolari, accordati di quando in quando ai pastori per renderli docili al tributo.
Sotto i sovrani di Casa d'Angiò il tributo assunse il carattere di un'imposta sul bestiame in tutto il regno, vale a dire, di 20 ducati (pari a lire 85) per 100 bovi e di 2 ducati (pari a lire 8.50) per 100 pecore. Sino a quel tempo l'immigrazione delle greggie, qual che si fosse lo ammontare del tributo, era stata semplicemente volontaria. Nel 1442 Alfonso I la rese compitlsoria. Per assuefare i fittaiuoli a questa innovazione ridusse in loro favore il prezzo del sale ed accordò varie immunità e privilegi, fra gli altri,