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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Avellino - Benevento - Caserta - Salerno
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 416

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Mandamenti e Comuni del Circondario di Salerno
   3-27
   stuoie, olio di ricino, paste alimentari ; tessitorie, distillerie, ecc. Il commercio, di legnami principalmente, è assai favorito dalla ferrovia che unisce Angli a Napoli, Castellammare, Nocera ed Eboli.
   Cenili storici. — Nella pianura d'Angri, fra il Sarno e i colli di Lettere a sud, Teia, ultimo re dei Goti, fu sconfitto nel 553 da Narsete, generale dell'imperatore Giustiniano. La battaglia, che era stata preceduta da una serie successiva di avvisaglie per un periodo di ben sessanta giorni, incominciò con la diserzione della squadra e la mancanza di provvisioni, il che costrinse i Goti a privarsi dei loro cavalli. Teia, che aveva preso posizione sul monte Sant'Angelo, scese coi suoi guerrieri nella pianura. < Il re — narra Gibbon — stava a capo di essi impugnando con la destra la lancia ed imbracciando con la sinistra un largo scudo; con la prima egli atterrava i più audaci fra gli assalitori e col secondo parava 1 colpi che ogni mano faceva a gara a scagliargli contro. Dopa un combattimento di molte ore il suo braccio fu spossato dal peso di dodici giavellotti confitti nel suo scudo. Senza muoversi o cessare i suoi colpi, l'eroe impavido chiese ai suoi un altro scudo; ma, nel mentre il suo fianco rimase scoperto, fu trafitto da un dardo mortale. Ei cadde e la sua testa, confitta in cima a una lancia, proclamò alle nazioni che l'impero dei Goti era finito ».
   La scena precisa di questa grande battaglia fu nota per lungo tempo sotto il nome di Pizzo Affitto, nome ili cui gli antiquari del luogo ravvisarono la corruzione delle parole ad caesos Gotìios (ai Goti uccisi a Pizzo Aguto o Pozzo dei Goti, cioè fossa profonda, dove uccisi furon buttati).
   Angli appartenne in feudo alle celebri famiglie d'Avalos, Caraffa e D'Oria.
   Colf, elett e Dioc. Nocera Inferiore — P2, T. e Str. ferr.
   Scafati (11,030 ab.). — All'altezza di 12 metri sul livello del mare, da cui dista 0 chilometri ; a 4 chilometri da Angri e a 21- da Salerno, a est dalle rovine di Pompei e a ovest da Nocera, sul Santo, che vi mette in moto molti vasti opifìci.
   Alcune fra le strade principali della città sono ampie e regolari e vi si contano varie piazze. In vicinanza sorgeva un'antica torre rotonda e merlata, costruita dai Longobardi, e, in grazia di questa torre e della rapidità e profondità del fiume, Scafati fu sempre riputata luogo opportuno ad arrestare i nemici che si avanzassero dalla parte di Salerno contro Napoli, come quelli che da Napoli muovessero verso sud-est.
   Opera pia della Cappella di Santa Maria delle Vergini, Asilo infantile. Fabbriche di paste, di candele, di chiodi, Igranel latti ra del cotone, tessitorie ili cotone e lana, di cotone e lino, di solo cotone, tintorie, tipografie, polverificio. Celebre festa popolare a Santa Maria dei Bagni, il giorno dell'Ascensione.
   Oltre l'olio, il vino, la foglia di gelso e le frutta saporitissime di varie specie, antichissima nel territorio di Scafati è la coltivazione del cotone, uè si sa precisamente (piando vi fosse importata. Anche la robbia per tingere, introdotta per quel che se ne dice, nei primi anni del secolo nostro da un olandese, è estesamente coltivata.
   Cenni storici. — Chinniavasi anticamente Scafata, a cagione, dicesi, dell'incessante tragittar delle barche dette, scafe, principalmente da Pompei. Fu il teatro di due battaglie decisive: la prima delle ([itali, nel 1132, fra re Ruggiero e i conti di Capua e d'Alife e il cardinale Crescenzio, governatore di Benevento; il normanno vi rimase sconfitto e fu costretto a ritirarsi per qualche tempo in Sicilia; la seconda battaglia fu combattuta il 7 luglio del 14G0 tra Ferdinando I d'Aragona e Giovanni duca d'Angiò, figliuolo di re Renato, aiutato dal principe di Taranto e da Jacopo Piccinino. Ferdinando fu sconfitto e fuggì a Napoli con soli venti cavalieri; e Simonetto, inviatogli in aiuto da papa Pio II, rimase morto sul campo di battaglia.
   Dopo questa sconfitta Ferdinando e la sua famiglia furono ridotti a tali strette che la regina Isabella andò questuando con un bossolo in mano per le vie di Napoli