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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Avellino - Benevento - Caserta - Salerno
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 416

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Mandamenti e Comuni del Circondario di Salerno
   3-27
   dvilis, collezione fatta dagli antichi scrittori giuridici romani per ordine dell'imperatore Giustiniano sotto la presidenza di Triboniano e pubblicata con autorità legale il 1G dicembre 533) che trovavasi in Amalfi fu preso e trasportato a Pisa donde passò, per mezzo del Capponi, a Firenze e si conserva nella biblioteca Lanrenziana.
   Ma gli Amalfitani non tardarono a ricattarsi. Abbandonando immediatamente l'assedio di Napoli, traversarono per aspri sentieri le montagne ed, aiutati da Ruggiero con sessanta legni, piombarono improvvisamente addosso ai Pisani, ne uccisero 1500, fra i quali un console, e costrinsero quelli che stavano assediando il castello di Fratta a Ravello ad imbarcarsi a precipizio.
   Ma due anni dopo i Pisani ricomparvero con cento legni ed entrarono vittoriosi, attraverso la squadra di Ruggiero, nel porto di Napoli. Si rivolsero quindi contro Amalfi la quale fu occupata senza incontrare resistenza. Non cosi le castella di Scala e di Scalcila, le quali non vollero arrendersi e furono prese a viva forza e saccheggiate. Questa seconda sciagura compì, nel 1137, la rovina d'Amalfi la quale contava ancora allora 50,000 abitanti dei 70,000 e più che annoverava nei tempi della sua potenza e floridezza!
   Non pertanto le navi amalfitane, unite alle siciliane, contribuirono, sotto Ruggiero, alla conquista di Corfù e vendicarono il secondo saccheggio dei Pisani, sgominandoli, uccidendo un loro console e facendone prigionieri altri due; presero Corinto, Atene, Tebe, Negroponte, Tripoli e Tunisi; incendiarono i sobborghi di Costantinopoli e liberarono, dopo una battaglia navale, Luigi VIII re di Francia, fatto prigioniero dall'imperatore Manuele Conineno al suo ritorno da Terrasanta.
   Priva delle sue squadre occupate nelle suddette imprese guerresche, Amalfi vedeva intanto sfuggirsi di mano l'impero del commercio marittimo di cui impadronironsi avidamente le «pubbliche rivali di Pisa, di Venezia e di Genova. Ma l'antica, grande rinomanza della sua industria e delle sue manifatture le conservò per qualche altro secolo i vantaggi dei suoi stabilimenti a Costantinopoli, nell'Asia Minore, in Tripoli di Soria, in Antiochia, Alessandria d'Egitto, Cipro, Tunisi e nel regno delle Due Sicilie. Le stoffe amalfitano di seta e di lana erano a quei tempi grandemente apprezzate del pari che le sue monete, i cosidetti Tari.
   Che se la fulgida costellazione d'Amalfi cominciava a volgere al tramonto, si mantennero tuttavia sino al 1570 in pieno vigore le sue leggi marittime, le famose Tavole Amalfitane, adottate nel medioevo da molte nazioni marittime e pubblicate nel 1814 a Napoli. Il Sismondi, nella sua Storia delle Repubbliche italiane del medioevo afferma che « le tavole amalfitane ebbero nel Mediterraneo quella riputazione che acquistaronsi nei tempi antichi quelle di Rodi e che fu accordata dopo due secoli nell'Oceano a quelle di Oleron j>.
   Sotto gli Angioini ai soli Amalfitani era concesso di guidar lo regie navi e di spiegar lo stendardo che trasmetteva gli ordini a tutta la squadra.
   Caduta la repubblica, Amalfi divenne un feudo dei Piccolomini, devastato nel 1G5G dalla peste, susseguita da un'orribile carestia e come ciò non bastasse, il 10 agosto del 1073, sei galee di corsari algerini si avvicinarono ad Amalfi ove fortunatamente non presero terra contentandosi d'impadronirsi e trasportare ili Africa alcune barche di pescatori che trovarono in alto mare.
   Nel 1799 un distaccamento di soldati repubblicani francesi occupò Amalfi e fece man bassa su quanto vi trovò di pregevole e costoso, non risparmiando i sacri arredi della cattedrale a cui rubarono, fra le altre cose, un palìotto di argento massiccio di gran valore che non fu più restituito.
   Nella restaurazione borbonica del 1815, come nei moti rivoluzionari che succe-deronsi dal 1827 in poi, gli Amalfitani, d'indole mite, cauti e prudenti come tutti i mercanti, ebbero ninna o poca parte e non piangono perciò alcuna vittima della