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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Avellino - Benevento - Caserta - Salerno
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 416

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Salerno
   315
   di Spoleto per espellere quei medesimi Greci dei quali aveva chiesto l'aiuto e che tendevano a conquistare l'Italia Meridionale.
   Ospitato una notte nel castello di Adelferio, gastaldo di Avellino, Guaimaro fu da questi accecato a tradimento; non pertanto ei rientrò nei suoi Stati, ma governò con tale una crudeltà che fu deposto dal popolo e soprannominato Guaimaro di mula memoria. Suo tìglio, Guaimaro II, già associato al principato, vi si mantenne, mentre il padre terminava la sua vita in ceppi nella chiesa di San Massimo ed a lui per converso fu dato il nome di Guaimaro di buona memoria. Breve peraltro ed oscuro fu il suo regno, che lasciò al figlio Gisolfo ancora in fasce.
   Divenuto maggiorenne Gisolfo mosse con un esercito numeroso in difesa dei principi di Benevento e di Capua contro papa Giovanni XII e quindi contro Ottone il Grande. Ospitò amichevolmente Landolfo, figliuolo di Atenolfo II, principe di Benevento spogliato dei suoi Stati e ne fu pagato con la più nera ingratitudine, avendo egli incatenato a tradimento il suo benefattore per torgli il principato. Fu però rimesso sul suo trono da Pandolfo Testa di ferro, nuovo principe di Benevento, al cui figliuolo, Pandolt'o II, furono lasciati per gratitudine da Gisolfo i proprii doininii. Ma in capo a pochi ami! Pandolfo ne fu espulso da Mansone III, duca di Amalfi, il quale s'impadronì, nel 981, del principato di Salerno e il tenne per due anni 111 un col tìglio Giovanni I sotto la protezione dell'imperatore Ottone IL
   Nel 983 Giovanni II, figliuolo di Lamberto, della stirpe dei duchi di Spoleto, ebbe il principato di Salerno in un col primogenito Guido, il quale morì prima del padre; gli succedette il secondogenito, che regnò col nome di Guaimaro III. Sotto il suo regno irruppero, nel 994, i Saraceni minacciando Salerno e fu allora che comparvero quei primi avventurieri normanni, i quali rassicurarono i Salernitani e sgominarono i Saraceni facendone orribile strage. Ricchezze ed onori furono profusi in guiderdone a quei liberatori, i quali furono anche invitati a por dimora nel principato e ad attirarvi i loro connazionali. Dal che trassero poi origine quelle conquiste normanne che terminarono con la fondazione della monarchia napoletana.
   Guaimaro IV trovò in fiore l'eredità paterna, nè più paventando i Saraceni domati e i Greci affievoliti, con la protezione degli imperatori d'Occidente e col braccio degli ausiliari Normanni, ampliò il dominio longobardico aggiungendo ai proprii Stati il principato di Capua, il ducato di Sorrento e la repubblica di Amalfi. Estese quindi le sue conquiste nella Calabria e nella Puglia; ma brevi furono i suoi trionfi, chè l'imperatore Arrigo III il costrinse a restituir Capua, e agli Amalfitani venne fatto spegnere lo stesso Guaimaro IV facendolo pugnalare.
   Lo vendicò il figlio Gisolfo II, il quale, coadiuvato dai Normanni, espugnò Amalfi e fece mozzar la testa a quaranta nobili cospiratori. Gisolfo strinse un vincolo di sangue col celebre normanno Roberto Guiscardo, dandogli in moglie la sorella Sigil-gaita, dì cui già abbiamo detto nella descrizione del duomo di Salerno e si rese anche accetto a Gregorio VII, il famoso Ildebrando. Fiero di sì potenti protezioni inorgoglì, irritò con dure maniere i suoi sudditi e gli Amalfitani, inaspriti, invocarono l'aiuto dello stesso Guiscardo, cognato di Gisolfo. Il quale, di ciò indignato, ruppe guerra al normanno che, dopo un assedio di quattro mesi, entrò vincitore in Salerno. In capo ad altri trentadue giorni si arrese anche la cittadella in cui erasi ricoverato Gisolfo e di tal modo Guiscardo s'insignorì del principato sloggiandone il cognato, il quale morì governatore pontificio di un distretto della Campagna di Roma.
   Tal fu la fine della serie dei principi di Salerno, che il gran conte Ruggiero unì poi ai suoi vasti domimi. A Salerno rimase però il titolo di principato e contansi ben sedici signori, investiti di questo feudo nella posterità di Tancredi.
   Nel 1269 Salerno entrò a far parte del R. demanio e Carlo I d'Angiò ne fece donazione al suo primogenito (che divenne poi Carlo II) con titolo di principe, conservato