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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Avellino - Benevento - Caserta - Salerno
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 416
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l'arte Quarta — Italia Meridionale
i Longobardi di Benevento se ne sieno impadroniti ; si sa soltanto cbe sotto di essi divenne, nel secolo VII, la città opulentissima descritta da Paolo Diacono.
Quando Carlo Magno scese dalle Alpi per muovere guerra ad Arigiso II duca di Benevento, questi riparò a Salerno, donde ottenne la pace ricevendo in regio feudo il proprio ducato, trattone sei città date alla Chiesa. Gli succedette il secondogenito Gl'i» nioaldo III, il quale ottenne da Carlo il principato sotto certe condizioni, fra cui quella di smantellare Salerno. Nell'840 i Salernitani negarono ubbidienza al duca Badelgiso, innalzato al potere da una ribellione di cittadini, ed alcuni di essi, tratto fuori dai castello di Taranto, ov'era prigioniero, Siconolfo fratello di Sicardo, duca di Benevento, ucciso dal popolo, lo proclamarono principe.
Itadelgiso allora assoldò, nell'845, i Saraceni della Puglia, per combattere contro Siconolfo, il quale, quantunque li vincesse dapprima, si risolse ad imitar l'avversario e, spogliata per far danaro la cattedrale di Salerno, soldo il saraceno Abulafar comandante 111 Taranto, col quale riuscì vincitore. Guastatosi per uno scherzo villano con Abulafar, questi lo abbandonò, fece ritorno a Taranto e profferì i suoi servigi a Badelgiso per combattere Salerno. Siconolfo chiamò allora altri Saraceni dalla Spagna e da Candia e vinse con essi i Beneventani alle Forche Caudine ; ma sopraggiunto Badelgiso fu pienamente sconfìtto con la perdita di tutte le città.
Siconolfo ebbe allora ricorso a Guido, duca di Spoleto, il quale smunse danaro ai due contendenti fingendo metterli d'accordo, tanto che Siconolfo, per conservare il dominio, fece omaggio air imperatore Lodovico II, chiedendo l'investitura al prezzo enorme di 100,000 scudi d'oro messi insieme col saccheggio del tesoro di Montecassino. La pace non fu conchiusa che nell'SìS per opera di Lodovico e il ducato di Benevento fu spartito in virtù di un Capitolarlo dell'851, accettato dai due contendenti in due signorie indipendenti: il ducato di Benevento e il principato di Salerno. Il quale, in forza del suddetto Capitolarlo, comprese, in quel tempo, molti gastaldati e molti castelli. Taranto, Latignano, Cosenza, Laino, Lucania (detta anche Pesto), Conza, Montella, Ilota, Salerno, Sarno, Cimitile, Fercolo, Capua, Teano, Sora e la metà del gastaldato di Acerenza, dalla parte ove confinava con Latignano e Conza.
Divenuta capitale d'un principato così cospicuo, Salerno acquistò una grande importanza e fu munita dì solide mura fiancheggiate di salde torri. 11 predetto Capitolarlo stipulò varii obblighi pei due principi contraenti, quello fra gli altri di espellere i Saraceni dai loro Stati. Ambidue i principi diedero promessa all'imperatore Lotario, che chiamarono nostro imperatore, di adempiere il trattato prestando giuramento nelle mani di re Lodovico il Giovane.
Siconolfo morì l'anno stesso della stipulazione del trattato lasciando a successore runico figlio Sicone ancora in fasce ed affidando la reggenza a Pietro suo padrigno, durante la minorità del giovane principe. Pietro fu in prima collega a quest'ultimo nella sovranità, ma si associò in seguito il proprio figlio Ademaro, allontanando Sicone sotto colore di farlo educare alla Corte del suddetto imperatore Lodovico; ma lo rinchiuse in quella vece, nelFSOl, in un castello solitario, ove lo fece perire di lento veleno.
Dopo la morte di Pietro, padre suo, Ademaro ebbe solo l'imperio e il suo fratello, detto Pietro anch'esso, fu eletto arcivescovo di Salerno. Una congiura, ordita dai conti di Capua, confinò Ademaro in una buia prigione, ove fu accecato da Guaifero I succedutogli nel principato. Il nuovo principe respinse, col valore delle sue armi, i Saraceni d'Africa e di Sicilia, che avevano, con esercito vigoroso, cinto d'assedio Salerno, la quale, aiutata dai Beneventani, si difese però validamente e tenne il fermo sì a lungo che i Saraceni scoraggiati se ne partirono abbandonando munizioni e viveri.
Guaimaro I, figliuolo di Guaifero, a cui succedette nell'anno 880, fu assai travagliato anch'esso dai Saraceni e, non ricevendo che scarso aiuto (lai Carolingi di Francia, ebbe ricorso agli imperatori greci; ma fu tosto costretto a far causa comune col duca