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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Avellino - Benevento - Caserta - Salerno
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 416
2'JO l'arte Quarta — Italia Meridionale
spiccano ornatìni eleganti tinti di un rosso vivo. l,a forma di questo capitello s'accosta a quella del tempio di Giove Polieo a Seliiiiintc ».
Tempio Bla tace, — Nel 1830 il signor Carlo lìoimcci, architetto ed archeologo napoletano, direttore ed illustratore degli scavi di Ereolano e di Pompei, scopri sotto le rovine e le. piante sel-vatielic, fra quelli di Nettuno e. ili Cerere, un quarto tempio greco in rovine che cralesi il Tempio (Icllu ì'ttcc. La sua pianta era rettangolare mai Romani lo avevano restaurato o rifahhricato quando incominciava la decadenza dell'arte. Avevano rialzate le colonne sopra un alto basamento a cui si arrivava per una gradinata. Il vestibolo della cella e la sua parie posteriore erano cinti di pilastri con nuovi capitelli a fogliami, di stile severo ma rozzo. Le, nietope dei portici esterni andavano ornate di bassorilievi rappresentanti Giasone e gli Actpmiilì ed appartenenti ai bei tempi dell'antica Grecia. Un torso con panneggiamento di magistero squisito doveva appartenere al simulacro della Dea a cui il tempio era sacro.
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La cronologia dei quattro tempii suddescritti e la seguente: 1° la Basilica, la più antica; 2 il tempio di Nettano; 3 il tempio diruto della Pace; 4 il tempio di Cerere o ili Vesta.
Tra i tempii ili Nettuno e di Vesta veggonsi le traccio di due edilizi: l'orientale era un Anfiteatro, come attesta la stia forma; l'altro è un mucchio di rovine con cornicione, capitelli e pilastri infialiti e creduti avanzi di un Circo o di un Teatro.
La miglior veduta della grandezza delle rovine imponenti di Pesto si gode dall'alto delle mura che la ritìngono, sopra le quali vuoisi fare una passeggiata dalla cosidetta Porta Justitiu, o porta sud, alla porta Aurea o porta nord, da cui si entra venendo da Salerno. La veduta pili bella dei Tempii si ha dalla prima torre della suddetta porta Justitia.
Pesto, com'è noto, andava rinomata nell'antichità per la bellezza e la fra ganza delle sue rose che fiorivano due volte all'anno e che furono celebrate dai poeti latini a far capo da Virgilio nel iv delle (icorgiche: Atqiie e, qui/leni extrenw ni jam sub /ine lahoruin
Vela traham, et tetris [estinem advertere proram; Forsitnn et, pìni/ues hortos quae cura colendi Ornarci, cancreni, hìferique rosa ria l'acati.
E anche Ovidio canta nel w delle Metamorfosi:
Leucosiamquc petit, trepidique cosarla l'aesti.
Properzio ricorda in un bel passo le rose di Pesto quale emblema od esempio ili mortalità Vidi eijo odorati victura rosolia l'aesli. Sub nuitiilino coclo jacere Noto.
Ausonio rammenta la loro freschezza al levar del sole per osservazione personale: Vi/li l'aestano tjaudere rnsaria Ctlllu Exorienle novo roscida Lucifero.
Dei poeti italiani il Tasso cantò le rose di Pesto in quei versi della Geiusuleituuc liberata (i, 1!):
Quivi insieme venia la gelile esperta
l).il suol che abbonila ili veftlltglie rese; ijt 've, come si n.lii'ii, c rami e fronde Silaro impetra con Diraltll ondo.
Codeste rose son ora scomparse, e in lor vece fioriscono regolarmente,, fra le rovine dei Tempii suddescritti, nel maggio alcune poche piante che rassomigliano alla lìmi liovrevi di Linneo.
Ma non pur le rose anche le violette di Pesto andavano rinomate uell'autichità e Marziale ne fa menzione nel medesimo passo col miele Ibleo:
Audct j'uctaulo qui carmina mittere Ncrvae Pallia donavi! rjlaucina ('osine libi, l'aestano ciolas-, et cairn tii/usiro colono Ui/hlaeis apihus Corsica niella tìtthiL
L'acanto e I asfodelo crescono rigogliosi nei precinti dei Tempii e intorno ad essi (fig. 1).