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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Avellino - Benevento - Caserta - Salerno
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 416

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Mandamenti e Comuni del Circondario di Caserta
   -170
   l'aiuto dei Romani, i quali li liberarono prontamente dai loro nemici Sannitiei; ma 1 cittadini tir Capua furono a un pelo di rimanere vittima di un tradimento della guarnigione romana acquartierata nella loro città, la quale vuoisi meditasse impadronirsene con uno sterminio simile a quello che ne aveva procacciato, come abbiamo visto, il possesso ai Sanniti stessi (Ltv„ vii, 38).
   La rivolta successiva dei Campali?? la loro alleanza coi Latini e la sconfitta dei loro eserciti combinati già furono da noi narrati nell'introduzione alla Campania.
   Col trattato che seguì, Capua perdette il possesso della fertile pianura Fa Ieri «in a ma ottenne in compenso il diritto di cittadinanza romana; i cavalieri opposti rìcisarnente alla guerra ricevettero apparentemente la piena franchigia, mentre il rimanente della popolazione non ebbe che la civitas sine suffragio. Nell'istesso tempo è evidente che Capila non perdette (come alcune delle città nella stessa condizione) la sua separata organizzazione municipale; essa continuò ad essere governata dai suoi propri magistrati, il capo dei quali portava il titolo osco di Meddix Tuticus, e, quantunque si Merlivi che nel 317 av. C. essi furono costretti dagli interni dissidi a ricorrere alla mediazione del Senato romano, il nuovo regolamento introdotto allora dal pretore L. Furio pare riuscisse a ristabilire la tranquillità (Liv., ìx, 20).
   Nella condizione di Capua, costituita in tal modo, nulla ostava alla sua interna prosperità e conseguentemente essa era così lontana da decadere sotto il governo romano che continuò ad arricchire e, nel periodo della seconda Guerra Punica, era considerata inferiore appena alle due grandi città rivali Roma e Cartagine (Fi.on., i, 1(3, § 6). Ma questa stessa potenza rendeva più insopportabile la sua dipendenza e non mancavano spiriti ambiziosi che ambivano porla alla pari della stessa Roma. Le vittorie d'Annibale durante la seconda Guerra Punica parvero propizie per raggiungere codesto intento: e poco dopo la battaglia di Canne (210 av. C.), il partito popolare in Capua, capitanato da Pacuvio Calavino e da Vibio Vino, schiuse le porte della città al generale cartaginese (Liv., xxiii, 2-10).
   Era tale la potenza di Capua a quel tempo che (comprese le forze delle città dipendenti) essa era riputata capace d'inviare sul campo di battaglia un esercito di 30,000 fanti e fiOOO cavalli, forze rilevanti a quei tempi: per altro Annibale pare ritraesse poco vantaggio reale da queste forze addizionali; le altre città più cospicue della Campania — Nola, Napoli e Clima — non vollero imitare l'esempio di Capua e resistettero con buon successo agli sforzi di Annibale.
   L'inverno successivo, trascorso dalle schiere cartaginesi entro le mura di Capua, dicesi producesse un effetto dannoso in sommo grado alla loro disciplina e, quantunque gli scrittori romani abbiansi a tacciare della massima esagerazione, certo è che Annibale non avrebbe mai più esposto i suoi soldati alle seduzioni e corruzioni di un inverno della capitale Campana.
   Le operazioni delle campagne successive risultarono in complesso favorevoli alle armi romane e i Capuani, invece di trovarsi, come speravano, a capo delle città d'Italia, nella primavera del 212 av. C. trovaronsi eglino stessi assediati dagli eserciti romani. L'arrivo d'Annibale dall'Apulia liberò per questa volta la città e costrinse i Romani a levar l'assedio ; ma non così tosto si fu allontanato, i consoli Fulvio ed Appio Claudio tornarono all'assedio ed investirono Capua, nonostante la sua grande estensione, con una doppia linea di circiunvallazione. Tutti gli sforzi d'Annibale per attraversare codeste linee formidabili o costringere i consoli a levare l'assedio uscirono a vuoto: la fame si fece sentire crudelmente entro le mura e i Capuani furono costretti da ultimo ad arrendersi a discrezione nel 211 av. C.
   La, ribellione dell'infida città fa punita dai Romani con severità esemplare. Tutti i senatori e gli altri ottimati furono messi a morte o gittati in prigione ove perirono da ultimo: gli altri abitanti furono trasportati lontano dalle loro dimore, la