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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Avellino - Benevento - Caserta - Salerno
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 416

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Circondario di Caserta
   135
   par derivi dai boschi di quercia sempreverde onde andava coperto, equivalendo Tifata ad iliveta (da ilex quercia) quantunque ei non dica se era vocabolo osco o latino.
   Il Tifata è mentovato la prima volta durante la guerra fra i Campani e i Sanniti che precedi immediatamente la prima Guerra Sannitica. In quell'occasione i Sanniti occuparono in prima con un buon nerbo ili truppe il Tifata e scesero poi col grosso dell'esercito nella pianura sottostante, ove furono sconfitti dai Campani in battaglia campale. In quest'occasione Livio dice Tifala, immi-nenles Capuae Colles ed altrove (xxvi, 5) monlem imminenlem Gapuae, clic ben descrive il suo carattere e la sua situazione. Quest'opportuna situazione rispetto a Capila e alla pianura circostante fece si che il Tifata fu scelto da Annibale per piantarvi, nel 215 av. C., il suo campo donde diresse le sue operazioni contro le varie città della Campania.
   In un periodo posteriore, nella pianura alle falde del monte Tifata, Siila sconfisse il generale Mariano Nerbano nell'83 av. C.; e, in gratitudine per questa vittoria, consacrò un ampio tratto del territorio a Diana, la Dea tutelare della inonUigiia. Noi quindi apprendiamo che questa divinità aveva sul Tifata un tempio famoso e il Dionae Tifatinae Fammi è ricordato anche nelle iscrizioni rinvenute a Capua, da una delle quali apprendiamo che il territorio consacrato fu di bel nuovo assegnato alla Dea da Vespasiano.
   Grande doveva essere il concorso a codesto tempio dovizioso pei doni e i proventi delle sue possessioni. Una magnifica scalinata, che bipartì vasi dnpo parecchi gradini, conduceva al vestibolo chiuso da un muro dal piano in su della scalinata sino al colonnato del portico, il quale, oltre il prospetto, stendevasi ancora ad ambo i lati dell'edilìzio ed era cinto in giro da un calcidico sorretto da pilastri Nei lati del primo ingresso dei portici laterali, o propileo, ergevansi le statue di Castore e Polluce. Vicino al tempio doveva trovarsi il sacro boschetto e, al dir del Pratilh (Via Appia), anche un circo. Nel secolo scorso apparivano ancora i ruderi di un piccini teatro e delle stanze in cui dimoravano le sacerdotesse di Diana. In vicinanza sgorgavano acque calde e solfa ree ei Capuani vi rizzarono terme, dedicandole alla Dea come leggesi in Veliejo Patercolo, Dagli antichi acquidotti di codeste terme, detti Ferirne nell'evo medio, vuoisi derivi il titolo alla chiesa di Sant'Angelo in Formis, edificata in parte sulle rovine ed ornata con le colonne di codesto tempio. Presso il quale si formò un Pago, dettu Monte ili Diana Tifalina, che doveva essere assai popolato secondo una lapide marmorea.
   Né solo Diana, ma anche Giove, che era venerato su tante delle più alte creste apcnniniclie, aveva un tempio sul munte Tifata, d'onde il nome di Jovis Ti futi iuta. La Tabula Pcittingeriana colloca codesto tempio all'estremità orientale del giogo ; sorgeva sopra un erto poggio del colle ameno su cui siede Caserta Vecchia e propriamente a Piedimonte.
   La chiesa rinomata di San Pietro della già badia Cassinese fu fabbricata sulle rovine di questo tempio di Giove al quale appartenevano i marmi e le colonne che reggono le tre navate, non che le più grandi in granito orientale su cui poggia la vòlta dell'atrio. Anche la più parte dei tifarmi e le colonne stesse della cattedrale di Caserta Vecchia furono tolte dalle rovine del tempio di Giove. Sulla vetta ove sorgeva il tempio è rimasto, sino al termine del secolo scorso, il nome del Dio ad una fonte e a due campi sottostanti. Ed oltre a due are votive, una lungo la strada che sboccava dalla porla di Giove a Capua, l'altra nel vicino villaggio dì Casapulla, un'altra tavola votiva, anche essa dei tempi della decadenza, rammenta non solo il culto di Giove ma anche la salubrità della regione a lui dedicata.
   Tornando al monte Tifata soggiungeremo che nel 48 av. C. diede asilo a Milone quando fu espulso da Capua. È questa l'ultima volta che è rammentalo nell'istoria e non ne è più fallo motto in alcuno degli antichi geografi. Nel medioevo il iloinc stesso Da r fosse, intieramente dimenticalo ed ora, anziché quello di Tifata, porta il nome di Monte di Caserta. Ma le descrizioni di Livio e di Silio Italico non lasciano dubbio sulla luro identità.