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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Avellino - Benevento - Caserta - Salerno
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 416

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arie -Quarta — Italia Meridionale
   la quale fuggì dalle insidie dell'imperatore Giustiniano, riparando presso lo zio Nar-sete. Ella morì nella fresca età di 17 anni iti Benevento verso il 505 ed è venerata come sauta. La sua chiesa fu distrutta da un terremoto, il quale risparmiò però la nicchia in cui stava la Madonna, di che la statua fu trasferita, con gran pompa, in San Lorenzo nel 1471, nel qual anno la chiesa prese il nome di Santa Maria delle Grazie.
   L'arcivescovo Orsini, che divenne poi papa Benedetto XIII, nudriva una venerazione particolare per questa Vergine e non lasciava mai o non ritornava a Benevento senza prostrarsi al suo altare. La fulgida corona d'oro che l'adorna fu donata per sua intercessione dal Capitolo Vaticanense, che largiva ogni anno una corona a qualche immagine venerata coi fondi lasciati a tal line dal conte A. Sforza di Piacenza (vedi E. Iseunia, litoria della città di Benevento). La statua è talmente onusta e coperta di gemme d'ogni fatta, dai diamanti e rubini sin giù agli orinoli d'argento ed agli anelli di rame che poco se ne può scorgere, eccettuata la faccia clic è di una bellezza niaravigliosa e piena di espressione. Il bambino Gesù è un mero fantoccino ch'ella regge nelle braccia. La balaustrata dinanzi all'altare è composta di ogni sorta di marmi preziosi e stupendamente lavorata.
   Durante il colèra del 1837 la statua miracolosa della Vergine fu recata in processione alla Cattedrale senza la suddetta corona in segno di lutto e fu fatto un voto solenne di una nuova e più splendida chiesa se cessava l'epidemia. Poco appresso cessò infatti e il vivente papa Leone XIII — ch'era allora Delegato Apostolico della provincia — pose, il 20 maggio del 1839, la primo, pietra della nuova chiesa promessa.
   L'antico chiostro è pieno di antichi avanzi: teste, fregi, sarcofaghi, colonne, frammenti di obelischi egizi, ecc., già nel liceo Giannone nella città.
   Corre una tradizione che ivi sorgesse anticamente un tempio della dea Iside, il quale stava sotto la protezione speciale dell'imperatore Domiziano; e la statua granitica del Toro di Api, volgarmente detto ili Benevento: la Bufera di Sun Lorenzo, di cui facemmo cenno innanzi, starebbe a conforto di siffatta tradizione.
   L'obelisco egiziano, innalzato nel 1872 in piazza Papiniano, risale anch'esso al tempo di Domiziano e l'iscrizione geroglifica in uno dei lati dice: < Signore dell'Alto e Basso Egitto venerato qual figliuolo di Dio, come Oro, amico di tutti gli Dei, figliuolo del Sole, Dominatore dei Dominanti, Domiziano decorò il Tempio e la statua d'Iside, grande protettrice di Benevento e degli altri Dei. Quest'obelisco di sienite, inviato da lui, il Monarca Supremo, fu innalzato, secondo i suoi ordini, da Lucilio l'ufo >.
   BIBLIOTECA — NOCE DI BENEVENTO
   La biblioteca, fondata ria monsignor Pacca ed ordinata da monsignor Sellinosi, sta in una via angusta con ampio portone e due scale e consiste in una grande sala rischiarata dall'alto, con attigua galleria piena di libri. Il salone è diviso ili sezioni e contiene tavole e seggiole per gli studiosi. La biblioteca annovera circa 20,000 volumi e molti tra questi presi dalle biblioteche dei soppressi ordini monastici e poi passati al Comune di Benevento. 11 defunto generale Federico Torre, beneventano, legò pure in eredità alla biblioteca stessa circa 2000 volumi di opere assai pregiate, che si veggono raccolte in compartimento separato.
   È notevole, in questa biblioteca, un'Istoria di Benevento manoscritta, di Xicastro, nella quale si legge clic il famoso albero di Noce, sotto il quale aduiiavansi le streghe, fu abbattuto da San Barbato al tempo del duca Romualdo, verso il GGO. Al tempo di questo duca — secondo quanto narra il Scastro — pare che i Longobardi adorassero vipere d'oro e il duca stesso, quantunque avesse promesso al vescovo Barbato di abbracciare il Cristianesimo, aveva nel suo palazzo un altare su cui stava un dragone alato a due teste d'oro, con ai due lati due sfingi di diaspro e varii idoli del tempio d'Iside. Ciò spiacque al vescovo San Barbato, il quale, coll'aiuto della duchessa Teodorada, sua