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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Avellino - Benevento - Caserta - Salerno
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 416
Provincia di Benevento
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campo sotto le mura della Calalia Sinaitica (l'odierna Cajaz/.o in provincia di Caserta) la strada a Benevento sarebbe stata assai più breve di quella a traverso il valico di Arpaja ; ed ammettendo anche clic si trovassero invece sotto la (Malia Campana (sulla via Appia nel luogo detto Le l.uìazze fra Caserta e Maddaloni) la strada a traverso codesto valico sarebbe stata cosi breve come quella lungo la valle di Arpaja.
È notevole eziandio che non v'ha menzione dopo quest'evento dello Forche Caudine; quantunque fossero situate fra Arienzo ed Arpaja sulla via Appia — la grande strada maestra da Roma e Capua a Benevento — le Forche Caudine sarebbero al fermo state ricordate durante la Seconda Guerra in cui un tal valico sarebbe stato di una grande importanza strategica. L'assenza di ogni allusione alle Fu rene o Fureulae Caudiuae per Orazio che traversò il valico di Arpaja par dimostri eziandio che esse non si trovavano su quella celebre strada romana:
Hiìic nos Cacceii recijiit pienissima villa Quae super est Gaudi Cuupona!
Gli argomenti sembrano perciò in favore del valico di Sant'Agata dei Goti, dove non vogliasi rigettare al tutto la narrazione di Livia e supporre clic i Romani esagerassero grandemente, dopo di essere slati sconfitti, le difficoltà del luogo. Codesto lato della questione e soscrilto sino ad un certo punto dalla duplice allusione surriferita di Cicerone: Caudimun proclinm e Cam male pugnatimi ad Caudiiim essel. __
Battaglia di Benevento e sepoltura dì Re Manfredi,
Ma più delle antiche Forche Caudine è interessante c memorabile la Battai/ha di Benevenlo, divenuta vieppiù famosa ai di nostri dopo il ben noto romanzo di Francesco Domenico Guerrazzi.
Codesta battaglia, in cui peri He Manfredi — figliuolo naturale dell imperatore Federico II e ili Bianca, figliuola del conte Bonifacio Lancia, nato in Sicilia nel 1231 — fu combattuta il 20 febbraio 1266 nella pianura di Grandellri presso Benevento. Per dissapori e litigi con la Santa Sede, Manfredi fu scomunicato nel 1259 da papa Alessandro IV, ed Urbano IV, clic gli succede nel 1261, offri a Carlo conte d'Angiò e fratello di San Luigi re di Francia, la corona delle Due Sicilie. Carlo scese in Italia, fu incoronato a Roma nel gennaio del 1260 ed entrò tosto con un esercito nel regno di Napoli per cacciarne Manfredi. II quale tentò appiccar trattative, per impedire le ostilità, ma Carlo respinse altieramente gli inviati di Manfredi con le parole, seguenti trasmesseci da Giovanni Villani: Alles el dit inni a le Sullan de Lacere o je melimi lui en eufers, o il mei Ira /noi en paradis.
L'esercito di Carlo passò senza ostacoli il Liri a Coprano, che il tradimento del conte di Caserta aveva lasciato indifeso, s'iinpadroni della fortezza di Rocca d'Arce, e, preso d'assalto il castello di San Germano, si avanzò con rapide marcie su Benevento, ove Manfredi aveva adunate le propri forze.
L'esercito francese stava schierato nella pianura di (ì randella sulla sponda settentrionale del fiume Calore. Manfredi, disdegnando il vantaggio che gli porgeva la sua situazione entro le mura di Benevento, e non aspettando l'arrivo degli alleati Ghibellini che traevano in suo aiuto, risolvette di appiccar subito battaglia, con tutto che l'esercito di Carlo d'Angiò difettasse già di viveri e dovesse esser ridotto fra pochi giorni alle più estreme necessità.
Manfredi passò il fiume con le sue forze le quali sgominarono, a prima giunta, il vanga a ri® francese, mentre gli arcieri saraceni seminavano in mezzo ad essi la morte. Entrò allora in campo la cavalleria francese e la battaglia divenne tosto generale. I Saraceni furono respinti, ma la cavalleria tedesca li sostenne con tanto valore che l'esito della Rat taglia divenne incerto.
Manfredi ordinò allora alla sua riserva di 1400 cavalieri, che non avevano ancora combattuto, di appoggiare i fantaccini tedeschi con una carica contro i Francesi i quali stanchi orinai sarebbero stati sgominai! infallantemente con quella carica. Ma in quel momento decisivo i Baroni dell'Apulia e i Conti di Caserta e di Acerra lo abbandonarono con altri, lasciando il campo con la riserva.
Manfredi allora risolse di perir combattendo piuttostochè sopravvivere alla sconfitta ed alla perdita del suo regno. Mentre calcavasi in testa l'elmo, l'aquila d'argento che ne formava la cresta cadde sulla sella del suo destriere ed egli esclamò: « Ilo e est sigiuun Dei! Io ho attaccato l'aquila con lo